venerdì 23 settembre 2016

Una esperienza di "moneyless travel" - conclusioni finali







L’esperienza in Spagna ormai è finita da tempo e in questi giorni di riposo sono progressivamente ritornato alla “normalità” fra gli agi di casa mia riprendendo la routine quotidiana. Questi giorni mi sono serviti soprattutto per riflettere e metabolizzare quello che è accaduto in questa breve (ma intensa) porzione della mia vita che ho deciso di trascorrere in Spagna senza un soldo in tasca e con il mio zaino da viaggio sulle spalle.

A conti fatti in tre settimane sono riuscito a percorrere oltre 2.500 Km senza aver speso neanche un centesimo e francamente solo questo mi basta per essere soddisfatto di me stesso. 






Non sono riuscito a portare a termine il progetto iniziale, ovvero fare il giro di tutta la penisola iberica senza soldi, ma poco importa. L’obiettivo di questa esperienza non era raggiungere quanti più posti possibili solo per mettervi delle bandierine. Posso dire di aver trovato quello che cercavo quando sono partito da casa: un insegnamento che spero di riuscire a trasmettere con questo messaggio con la stessa forza e chiarezza con cui mi si è manifestato mentre ero in viaggio







Terzani una volta scrisse: << Io questa vita me la sono inventata, mica cento anni fa, ieri l’altro. Ognuno lo può fare, ci vuole solo coraggio, determinazione, e un senso di sè che non sia quello piccino della carriera e dei soldi; che sia il senso che sei parte di questa cosa meravigliosa che è tutta qui attorno a noi. Vorrei che il mio messaggio fosse un inno alla diversità, alla possibilità di essere quello che vuoi. È fattibile, fattibile per tutti. Fare una vita, una vita. Una vita vera, una vita in cui sei tu. Una vita in cui ti riconosci >>.

É stato per me un buon punto di inizio per superare le difficoltà prima della partenza: lo slancio che mi ha consentito di fare quello sforzo mentale che, dalla sola e semplice idea di partire per un’avventura, mi ha dato la forza di passare all’azione e metterla in pratica.
L’aver superato questo momento di incertezza, in cui tutto può essere rimesso in discussione, mi ha fatto trovare il coraggio e la determinazione di cui parla Terzani, senza i quali non sarei neanche partito.
Sono io, ed io soltanto, a decidere di essere ciò che voglio.






Ho imparato che per viaggiare non esistono ostacoli, siano questi fisici o monetari. Esistono le difficoltà, queste sì, ma c’è sempre un modo per raggirarle. Gli ostacoli veri e reali sono quelli che noi stessi creiamo nella nostra mente: la paura, l’insicurezza, la rassegnazione e la sfiducia verso se stessi. 

Ho imparato questo sulla mia stesa pelle, quando fra me e la tentazione di farla finita, di mollare tutto e tornare a casa, non restava altro che la mia sola forza di volontà, la convinzione che per vivere pienamente immersi in una esperienza di viaggio non servono soldi, non servono comfort, ma che tutto dipende dalla nostra stessa determinazione a continuare, a mettersi alla prova superando le difficoltà che si presentano. 







Esiste come una forza attrattiva, che mi piace chiamare positività, ed è come una luce che dirige e indirizza il sentiero che percorriamo. Questa lega ed unisce i cammini delle persone in modi che non possiamo neanche immaginare. Non si può sperare di partire per un viaggio con lo spirito giusto se non si sente dentro di sé questa luce. E quando si incontra qualcuno che ha la stessa forza lo si capisce subito, lo si sente a pelle.

A volte quando cammino per strada e passa un vecchio signore che non conosco cerco di mantenere lo sguardo e scambiare un buongiorno. Anche dal volto più imbronciato si intravede un sorriso, come se questa luce filtrasse dalle crepe di un muro.

Posso dire con assoluta certezza che tutte le persone da me incontrate lungo questo viaggio -che mi hanno aiutato, che si sono fermate sul ciglio di una strada con la macchina, che mi hanno dato da mangiare o mi hanno ospitato nella loro casa- tutte queste persone avevano quella luce dentro di sè.
Se c’è una cosa che davvero ho apprezzato di questo viaggio è stato proprio questo: l’aver incontrato in un così breve periodo così tante persone che in modi diversi mi abbiano contagiato con questa positività.

Queste persone hanno saputo darmi più di quanto mi potessi aspettare e credo anche più di quanto fosse loro intenzione. 






































Non si può restare indifferenti ad esperienze di questo tipo, e non si può nemmeno ignorare tutto l’aiuto e il calore umano che mi è stato trasmesso.
Ho imparato a non diffidare del prossimo, che anche l’individuo più insospettabile è capace di gesti inaspettati






Ancora penso a quanto la fortuna mi abbia assistito quando, all'inizio del viaggio, per poco non mi sono trovato a Nizza la sera del 14 luglio, la sera in cui 84 persone sono state uccise in un attentato terroristico.
Vedere il giorno dopo quelle immagini terribili con la consapevolezza di potersi trovare in quel luogo è stata una cosa su cui ho riflettuto a lungo. 

Anche se viviamo in un mondo dove odio e diffidenza verso ciò che è diverso da noi si stanno diffondendo a macchia d’olio, sono convinto che parole come ospitalità e solidarietà ancora non hanno perso di significato, ma restano ancora per molti dei valori imprescindibili. 

Io non so quale domanda dovremmo porci per trovare una soluzione a questo problema, ma sono sicuro che la risposta sia viaggiare.








C’è una frase nel film “Into the wild” che mi ha sempre affascinato, ma non ne avevo mai afferrato pienamente il senso fino a che non ho fatto una esperienza di questo tipo.

<<Non mi servono i soldi, rendono le persone prudenti>>, così dice Alexander Supertramp dopo aver dato fuoco a le poche banconote a lui rimaste, mentre si allontana dalla sua macchina.

All’inizio ho sempre pensato a questo messaggio come un invito a compiere un gesto di imprudenza solo per il gusto di trasgredire le regole.
Ma penso che in questa frase buttata quasi a casaccio ci siano delle sfumature molto sottili e porti un significato più profondo della mia superficiale interpretazione. 

Quando ho deciso di affrontare questo viaggio ho dovuto riflettere molto sui pro e i contro e valutare i problemi che sarebbero potuti presentarsi e i benefici che avrei potuto trarre da questa esperienza.
Certo, rinunciare a certi comfort o anche solo la certezza di avere un tetto sopra la testa per la notte, non è stata una scelta che ho preso a cuore leggero.
Ma è stato solo mettendo da parte la "prudenza" -la paura di uscire dalla propria zona di comfort,  di confrontarsi, di mettersi alla prova- che sono stato in grado di superare le mie paure e intraprendere questo viaggio. 

A volte rimuginare troppo sulle scelte da prendere ci blocca e le nostre stupide paranoie ci paralizzano. Abbiamo troppi pensieri e alla fine decidiamo di non decidere. Ma con una buona dose di “spirito di adattamento”, niente in fondo è così complicato come sembra, basta solo lasciarsi andare facendo quello che ci piace fare e tutto prende forma







Ricordo la prima notte di questo pazzo viaggio, dove in un paesino della Francia ci siamo accampati per la prima volta. Ricordo una sensazione, troppo difficile e complessa da esprimere attraverso le parole, che provai prima di addormentarmi. Non ero preoccupato, anzi, mi sentivo felice. Felice di esser riuscito ad arrivare in fondo a una lunga giornata, felice di avercela fatta. Non aveva importanza cosa avrei fatto domani, fino a dove sarei riuscito ad arrivare e chi avrei incontrato, ero sicuro che in qualche modo sarei riuscito a cavarmela, e tanto bastava.
Oggi ce l’ho fatta e domani si vedrà. 

Ecco, provare questa sensazione, di incertezza e allo stesso tempo di leggerezza, è stato un momento che mi ha ripagato di ogni rinuncia e difficoltà che ho e avrei dovuto affrontare.
Poche volte nella mia vita ho dormito così serenamente.

P.S.
Anche se l’ho già fatto di persona ci tengo a rinnovare i ringraziamenti verso tutte le persone incontrate in questa esperienza:
Benjamin, Stefano, Miriam, Albert, Delphine, Augustin, Sandrine, Vanessa, Pierre, Berenice, Cecile, Raul, Fouad, Lourdes, Lium, Leandro, Pau, Teresa, Miguel, Mohamed, Mariasinta, Lateief, Jesus, Julio, Graham, Gabriela, Anita, Alex, Maria, Sonia, Carolina, Angelo, Saskia, Thierry, Riotom, Oscar, Lucia, Sergio, Fransisco, Edo, Manu, Pedro, Pedro, Ismael, Manuel, Antonio, Maria, Laura.

Grazie a tutti voi.




<<Il viaggio è fatale al pregiudizio, al bigottismo e alla ristrettezza mentale, e molti di noi ne hanno estremamente bisogno proprio per questo motivo. Le vedute ampie, sane e buone non possono essere acquisite vegetando per tutta la vita in un piccolo angolo della Terra>>
Mark Twain





martedì 2 agosto 2016

Diario di viaggio: giorni 15-20, ¡Adelante por la calle!

Giorno 15 -  ¡Adelante por la calle!

Juan questa mattina deve andare a lavoro, quindi ci alziamo entrambi alla buon'ora per fare una colazione con dei dolci tipici della Comunidad Valenciana.

Juan è davvero una brava persona e mi sono trovato molto bene con lui, sia per la sua preziosa conoscenza della città di Alicante che per le piacevoli chiacchierate.

Ma è arrivato il momento di salutarsi e mi faccio promettere che un giorno passerà da Firenze a trovarmi.

Mi accompagna frettolosamente fino all'autostrada perché sta ritardando a lavoro e mi lascia un pranzo a sacco da mangiare lungo strada, e per me è il massimo della felicità.






Oggi mi sento particolarmente di buon umore e approfitto del fatto che nessuno può sentirmi per cantare a squarciagola durante l'attesa.

Provo inizialmente a cercare passaggio da chi va diretto in autostrada ma cambio presto idea e provo sulla strada nazionale dove le macchine scorrono più lentamente ed è anche più trafficata.

I primi due passaggi che ricevo arrivano da muratori con il loro furgoncino. Il primo me lo offre Sergio, originario di Buenos Aires, che mi lascia per sicurezza anche il suo numero nel caso avessi bisogno di aiuto; il secondo Francisco e Eduardo che scherzano insieme a me.

Mi trovo ora in una zona della campagna spagnola nell'entroterra e a fermarsi è un ragazzo di 20 anni come me.
Rosendo rimane davvero molto stupito nell'ascoltare la mia storia e prima di farmi scendere insiste per portarmi a casa sua a vedere il suo campo di ulivi e conoscere sua moglie Jasmina.

Mi lascia una bottiglia di acqua ghiacciata per sopportare meglio il caldo asfissiante e tutti e tre ci facciamo una foto ricordo per celebrare questo incontro così inusuale.


Dopo altri due passaggi presi da dei tizi che si chiamavano entrambi Pedro e uno da un ragazzo che mi ha fatto sentire della musica ska spagnola davvero notevole, riesco ad arrivare a Murcia.

Provo ad andare ancora un po' avanti cercando di raggiungere Cartagena, ma dopo un'ora sono sfinito e capisco che è meglio non insistere, sono circa 8 ore che sto facendo autostop e per oggi basta così.

Non ho idea di dove passare la notte e provo in extremis a mandare qualche richiesta su Couchsurfing ma non ottengo risposte.

Decido così di visitare la città percorrendo le sue vie strette affiancate da alti palazzi con terrazze piene di fiori colorati.


Visito a piedi tutte le piazze principali e ormai è diventato buio. Ormai mi rassegno all'idea di dover dormire in tenda per stanotte e su Google Earth controllo quale sia l'area verde più vicina per accamparsi.

All'ultimo secondo, quando ero in procinto di andarmene, mi accorgo di aver ricevuto un messaggio su Couchsurfing da una persona che ha accettato la mia richiesta! Stento a crederci e quasi inizio a saltare dalla felicità!

Scrivo subito a Manu la mia posizione e mi risponde che verrà a prendermi fra poco in Plaça S. Domingo.

Corro a incontrarlo e insieme andiamo con una bella macchina sportiva verso casa sua.

Manu mi fa sentire subito a casa e nella sua terrazza beviamo una granita fresca mentre gli racconto della mia esperienza.

Insieme andiamo d'accordo e mi dà tanti consigli sulle prossime città che potrei visitare, che segno con attenzione sul mio taccuino.



Giorno 16-  la vita in Murcia

Dopo essermi riposato nel comodo divano nel salotto di Manu, al mio risveglio trovo Gor-K: il suo affettuoso Shar Pei che vuole fare subito amicizia.

Con Manu programmiamo la giornata e lascia a me decidere dove preferisco andare offrendomi tante alternative.

Saltiamo in macchina e andiamo insieme verso la Ciudad encantada, un sito spettacolare lungo la costa dove ammiriamo le famose rocce di argilla segnate dall'erosione del tempo.




Continuiamo il nostro tour e andiamo questa volta su una scogliera dove è possibile lanciarsi dall'altezza di circa 4 metri.
Con un po' di esitazione lascio andare prima Manu e subito dopo mi lancio anch'io. Che scarica di adrenalina!

Andiamo poi a rilassarci un po' in una spiaggia nudista abbastanza isolata e poco frequentata dove ho l'occasione di mostrare con fierezza il mio fisico da sgusciatore di vongole. 
È davvero una bella sensazione prendere il sole e fare il bagno "come mamma m'ha fatto", dà un vero e proprio senso di libertà!

Adesso però comincia ad esser tardi e decidiamo di ritornare a casa. Per la felicità di Gor-K apriamo il finestino posteriore dove può affacciarsi e prendere un po' di aria fresca.






A casa prepariamo una super-cena con falafel fatti in casa, verdure e delle salse buonissime!
Era da molto che non mangiavo così tanto.


Concludiamo la bella giornata andando in un posto davvero speciale: un punto panoramico dove osservare tutta la città! Una vista mozzafiato con un numero infinito di luci che resterei ad osservare per ore!

Una volta a casa restiamo ancora un po' nella terrazza di Manu parlando di tante cose.
Sono davvero colpito di come, nonostante la differenza generazionale, io e Manu viaggiamo sulla stessa lunghezza d'onda e pur vedendo le cose da due prospettive diverse la pensiamo allo stesso modo.

Colgo l'occasione per ringraziarlo, non solo per l'ospitalità ma per questi bei momenti che abbiamo condiviso e lo abbraccio con affetto (e anche una punta di commozione devo ammetterlo).





È per questo motivo che penso che piattaforme come Couchsurfing siano incredibili: ti permettono di conoscere e stringere amicizie durature con persone in tutto il mondo grazie al semplice gesto della condivisione (sia questa di un momento, una birra o una casa). Consiglio veramente a tutti di provarlo almeno una volta, non si può mai sapere cosa ne può venir fuori.



Giorno 17-20 Andalusia!

È tempo di salutarsi con Manu e Gor-K e riprendere il cammino, anche se questa volta con un po' di dispiacere.
Mi accompagna in una stazione di servizio fuori Murcia, che è la migliore per cercare passaggi in direzione di Granada.

Manu aveva ragione: dopo qualche tentativo andato a vuoto riesco a trovare un ragazzo diretto proprio a Granada!
Una vera fortuna perché la città è molto distante da dove sono io e servono circa 3 ore di macchina.





Una volta arrivato faccio subito un giro e tenti di nuovo la fortuna mandando qualche richiesta su Couchsurfing. Stavolta però è davvero tardi e non penso proprio che qualcuno possa leggere la mia richiesta in tempo.


Sul sito vedo che stasera è previsto il ritrovo settimanale degli utenti di Granada, aperto anche ai viaggiatori. Una buona occasione per conoscere un po' di gente e soprattutto non passare la serata da solo!

Il ritrovo è in un locale in centro, dove con diversi ragazzi e ragazze chiaccheriamo amabilmente davanti a una birra.

Alcuni decidono di andare verso il centro a sentire un concerto jazz, altri propongono invece di andare a mangiare qualcosa. Io opto per il secondo gruppo (perché mi restavano più simpatici a dir la verità) e ci separiamo.

Resto così in compagnia di Manuel, detto Lolo, Miriam (entrambi di Granada) e Dimitri (arrivato dalla Grecia).

Passiamo la serata insieme e, mentre mi accingo a guardare dove poter andare con la mia tenda, Manuel arriva in mio soccorso offrendomi uno spazio a casa sua per la notte.

Non voglio abusare della sua ospitalità ma insiste perché non vada a dormire in un campo, così accetto senza farmelo ripetere due volte.

A noi si uniscono altri ragazzi di Granada, amici di Manuel, e finiamo la serata al Puente Verde sulle rive del fiume leggendo alcuni passi di Lorca dal libro che ho portato insieme a me.

Si chiama "A la cinco de la tarde" e ci sono molto affezionato perché è in assoluto il primo libro che ho ricevuto quando ero bambino. Il giorno prima di partire, mentre preparavo lo zaino, me lo sono ritrovato tra le mani ed ho così deciso di portarlo insieme a me in Spagna.

Granada è la città in cui Lorca ha vissuto por molti anni e lui stesso disse:

«Granada es la única ciudad del mundo que entierra sus ríos y mata a sus poetas.»

Mi ci è voluto un po' prima di poter imparare questa frase grazie all'aiuto e alla pazienza di Miriam.

Ridendo e scherzando si sono fatte le 4 e andiamo tutti a casa. Con Manuel vado ad accompagnare fuori il cane (Troy) e come dei ninja entriamo in casa senza fare rumore per non svegliare le sue nipoti molto piccole.

La mattina usciamo insieme e prendiamo strade diverse. Ho la brutta idea di andare verso l'Alhambra proprio nel momento in cui comincia a fare più caldo. A fatica raggiungo la vetta della collina dove risiede la cittadella, una volta residenza di ricchi principi arabi.






Gironzolo per la città e la sera mi incontro con Maria, una mia cara amica conosciuta qualche mese fa a Cracovia mentre era in Erasmus e io stavo partecipando a un progetto di fotografia.

Insieme andiamo in una bella piazza a chiaccherare di quello che abbiamo fatto nell'ultimo periodo e dei nostri progetti futuri.
Dopo poco ci raggiunge anche Miguel, anche lui conosciuto nella stessa occasione in Polonia e andiamo tutti a mangiare qualche tapas.

Maria vuole farmi una sorpresa e portarmi in un posto speciale, così con la macchina andiamo tutti verso San Miguel Alto.

Non so bene cosa aspettarmi e appena scendiamo dalla macchina la vista è un vero spettacolo: un panorama a 180° su tutta Granada.





Gli occhi abbracciano l'orizzonte e le luci inondano completamente la città.
Mi prendo un momento per restare in silenzio. Ne ho avuti tanti fino ad ora, ma mai come questo. Mi fermo e penso a tutta la strada che mi sono lasciato alle spalle, ai posti meravigliosi che ho visto, le persone uniche che ho incontrato e tutto ciò che è successo affinché io arrivassi fin qui.
Che fantastica esperienza sto vivendo.

Penso a come ogni singolo sforzo, ogni difficoltà che ho superato, siano adesso ripagate dalla gioia di questo momento e a come tutto sembri così semplice visto da quassù.

Miguel inizia a suonare la chitarra che ha portato con sé e con Maria scherziamo su quella volta che ci siamo conosciuti: eravamo in ostello e io mi avvicinai a loro offrendogli una birra. Da lì abbiamo fatto conoscenza e siamo rimasti in contatto in questi mesi.
 Adesso siamo qui a condividere questa bella serata insieme.
Com'è strana la vita: a volte un gesto così piccolo può riflettersi sul nostro futuro in modi che non possiamo minimamente immaginare. 

Miguel con la sua chitarra suona tutta la sera, mentre restiamo seduti a osservare la città e le persone attorno a noi cantano insieme a noi.

Con Maria, che mi offre di restare da lei per la notte, andiamo verso casa e prima di salutare Miguel ci scattiamo una foto ricordo tutti e tre!






La mattina faccio conoscenza della sorella di Maria e del cane Brenda.  Facciamo una tipica colazione andalusa con pane tostato, pomodoro e prosciutto!

Maria mi accompagna fino a un benzinaio dove spero di trovare passaggio per Cordoba.
Con grande emozione si ferma un vecchio furgoncino stile hippie con dentro Laura, una ragazza olandese, che deve andare a Malaga.






Accetto il passaggio e salgo insieme a lei, felice di ritornare verso il mare.

Dopo qualche ora arriviamo a destinazione e Laura mi accompagna fino alla spiaggia.
Colgo l'occasione per fare un bel bagno e rilassarmi un po'.





Questa volta non penso che qualcuno possa aiutarmi e provo quindi a fare autostop per uscire dalla città. Malaga è molto grande e da quelli che ho visto gli spazi verdi sono lontanissimi dal centro.

Nessuno ha intenzione di fermarsi e comincia a fare buio. Provo a insistere ma stavolta la fortuna sembra avermi abbandonato del tutto.
Arrivo dopo aver camminato tanto in un'area verde vicino al mare, ma che si rivela essere una zona semi-paludosa e non appena vi metto piede cado in un'imboscata del mio più acerrimo nemico: le zanzare.

Scappo in preda alla disperazione, ma prometto a me stesso di tornare un giorno munito di tuta da apicultore e racchette elettrizzate per avere la mia vendetta.

A questo punto continuo a camminare verso il nulla e comincio seriamente ad accusare la stanchezza.
Arrivo nel polo industriale di Malaga e sono come in trappola: non c'è nessun campo in lontananza solo file infinite di fabbriche che emanano un odore terribile.

Sono veramente disperato e comincio a preoccuparmi per la mia incolumità perché  si intravedono le prime "signorine" che si affacciano sul marciapiede e una macchina, con un signore dalla faccia poco raccomandabile, si ferma accanto a me credendo probabilmente che fossi lì per prostituirmi.

A questo punto mi chiedo se sia il caso di utilizzare per la prima volta dei soldi per uscire da quella situazione, ma dico a me stesso di resistere fino a domattina e decidere sul da farsi.

Mi apposto dietro dei cespugli vicino a un benzinaio e letteralmente crollo al suolo dentro la mia tenda. Non sono molto convinto del posto che ho scelto ma non ho altra scelta.

La mattina mi sveglio alle 6 per andarmene il prima possibile da quel posto di merda.
Senza niente sullo stomaco da ieri cerco di fare autostop. Ma nemmeno oggi nessuno si ferma. In molti mi hanno detto che in Spagna è difficile fare autostop, ma finché la fortuna mi ha assistito ho preferito non ascoltarli.

Dopo circa due ore che tento di far fermare qualcuno il mio umore è bassissimo e non ho più forze.
Raccolgo il mio zaino e mi trascino per qualche kilometro verso il centro città.
Lungo il tragitto ho molto su cui pensare e alla fine prendo una decisione: usare la carta per le emergenze e togliermi da questo casino.

Ho pensato e ripensato più volte a un'alternativa, ma credo che provare a spingersi oltre il proprio limite sarebbe da pazzi e non avrebbe senso per quella che era l'idea iniziale di questo viaggio.

Sono sincero: avrei voluto resistere di più, ma penso che in questo modo avrei solo sciupato tutto e sono decisamente soddisfatto di esser sopravvissuto per ben 20 giorni senza spendere niente!

Adesso ho solo voglia di riposarmi un po' e rimettermi in forze per i prossimi giorni, con o senza soldi ho intenzione di finirlo questo viaggio!

Concludo la mia giornata sulle bianche spiagge di Tarifa in compagnia di un gruppo di ragazzi (due inglesi, un australiano e uno spagnolo) che bevono tutti come spugne e mi concedo una bella cena per festeggiare la fine di questa esperienza incredibile!

 Chapeau

giovedì 28 luglio 2016

Diario di viaggio, giorni 9-14: incontri inaspettati

Giorno 9-10-11: Il ritorno alla normalità

Ci svegliamo trovando la casa deserta e sia io che Andre abbiamo ancora dei discreti postumi per la baldoria fatta la sera prima.

Facciamo una bella colazione con quello che troviamo nel frigo (uno degli elettrodomestici di cui sento più di tutti la mancanza), e ci dirigiamo verso il mare.
Apriamo il cancello del giardino e siamo direttamente sulla spiaggia, che oggi è molto affollata.

Dopo una bella nuotata ce ne andiamo a fare anche qualche tuffo nella piscina di Oscar, tanto per non farsi mancare niente e ci rilassiamo a prendere il sole, sperando di rendere meno evidente lo stacco dell'abbronzatura a muratore che si è formato in questi giorni.

Dopo un po' Oscar ricompare e sembra molto agitato. Scopriamo che Eva ha avuto qualche problema con la macchina, ma parla particolarmente veloce stavolta e non capiamo molto di più.

Si scusa con noi perché non potrà preparare la sua famosa paella di carne e ci lascia libero accesso a tutto quello che vogliamo prepararci.

Siamo entrambi dispiaciuti, soprattutto per la paella, e lo salutiamo prima di vederlo andarsene dalla porta.

A questo punto ci diamo alla pazza gioia, saccheggiando letteralmente il frigorifero e preparandoci un ricco pranzo luculliano.

Laviamo per bene tutti i nostri vestiti e nel pomeriggio siamo costretti ad andarcene per arrivare a Valencia in tempo.

Lasciamo a Oscar e Eva un bel biglietto di ringraziamento per la loro ospitalità, invitandoli a venirci a trovare a Firenze.





Ce ne andiamo dalla casa con estremo dispiacere, perché certi lussi forse non li rivedremo per un bel po', e ci avviciniamo al marciapiede per chiedere un passaggio per Valencia, che è ancora lontana e non siamo sicuri di arrivarci entro sera.

Miracolosamente si ferma un tizio del Pakistan, che è diretto a Malaga, molto più a Sud di Valencia, e accettiamo il passaggio nella sua vecchia macchina piena di cianfrusaglie.

Non sembra molto simpatico e dopo le solite presentazioni in macchina cala un silenzio imbarazzante. L'unica cosa che sembra ravvivarlo sembrano essere i commenti, con una punta velata di maschilismo, verso le "chicas" di varie nazionalità. In questo Lateief sembra essere un esperto e vuole sapere il nostro parere, ma non gli diamo troppo spago.

Dopo circa un'ora di macchina e esserci ascoltati tutto il suo cd indiano (che Andre ha puntualmente "shazzammato" per riascoltarselo) arriviamo quasi a destinazione.




Siamo solo nella periferia di Valencia, ancora abbastanza lontani dal centro e troviamo due passaggi: da Jesus (un muratore spagnolo con il suo furgoncino da lavoro) e Alex (un giovane professore universitario che sta andando in discoteca).





Alla fine riusciamo a riunirci con Matilde come stabilito, e tutti insieme aspettiamo Antonio, il suo ragazzo, che ci ha raggiunti in aerei e starà con noi qualche giorno.

Siamo tutti stanchissimi e non sappiamo dove dormire, così andiamo al parco più vicino e lì montiamo la tenda.

Con un po' di timore per la gente che vediamo passare riusciamo comunque ad addormentarci, ma poi Tonio ci racconterà che durante la notte sono passati vicino a noi diversi individui loschi.

Alle 4:30 abbiamo un colpo di scena: parte l'irrigazione del parco, e siamo costretti a smontare in fretta la tenda e a spostarci.

Come se non bastasse dei poliziotti ci passano accanto ricordandoci che "no se puede dormir aqui", e gli facciamo notare che ce ne stavamo già andando. Decidono comunque di aspettare fino a che non avessimo effettivamente ripiegato la tenda. Che simpaticoni.





Aspettiamo per un po' l'alba e poi tutti collassano, mentre io, probabilmente l'unico ad aver dormito qualche ora, me ne vado a fare un giretto per la città con le prime luci del giorno, che danno un colore unico ai palazzi e le strade.





Dopo aver visitato la ciudad de las artes y las ciencias e le sue meraviglie architettoniche, abbiamo molta fame.




Valencia qui ci offre il meglio di sé e riusciamo a recuperare molto cibo, ma soprattutto la paella! Per noi, che stiamo tutti e quattro facendo a meno dei soldi, è come il pranzo di Natale. 
Sono felicemente sorpreso perché non contavo che sarei riuscito a mangiare paella durante questo viaggio, e sarebbe stato davvero un peccato.





Andiamo a riposarci e a fare un bagno nel mare, dove puntualmente i nostri amici poliziotti si ripresentano (stavolta motorizzati e a bordo di quad) per farci smontare la tenda che usavamo solo per riparare gli zaini. 
E sabbia sia allora.




Dopo il meritato relax comincia a fare buio e cerchiamo un posto dove passare la notte. Questa volta camminiamo come non abbiamo mai fatto dall'inizio del viaggio.

Quando sono ormai le due di notte troviamo un posto sicuro (non vogliamo rifare come la sera prima) dove speriamo che nessun sbirro col quad possa disturbarci e ci addormentiamo in pace.






Per giorno seguente decidiamo non cambiare routine: cerchiamo da mangiare e poi via al mare.





La sera, in centro, ascoltiamo un concerto di musica reggae dove a cantare è uno degli innumerevoli figli di Bob Marley (Julian), ma se ci fosse stato il babbo a sentirlo probabilmente gli avrebbe detto di smetterla di farsi le canne e andare a fare qualcosa di socialmente utile.

Alla fine siamo sfiniti e, con un po' di esitazione da parte mia, decidiamo di tornare al parco dove abbiamo dormito la prima sera, stavolta su delle funi intrecciate da arrampicata, che ci tengono sospesi per aria.




Io ho un po' di esitazione ad addormentarmi, ma alla fine la stanchezza ha la meglio sulle mie paranoie.



Giorno 12: la separazione

Oggi è una giornata triste per tutti, perché Andre, Matilde e Tonio devono ritornare in Italia e io continuerò questo viaggio da solo.

Ho preferito non fare grosse cerimonie melodrammatiche per salutarci, non per cinismo, ma perché sarebbe stato troppo difficile per me proseguire se in quel momento avessi realizzato seriamente che da lì in poi non sarebbero stati al mio fianco. 

È bastato un gesto semplice: un abbraccio da buoni amici, un augurio per il viaggio e la promessa di raccontarsi tutto una volta tornati a casa.

Sicuramente mi mancheranno le sclerate con andre per farsi spazio in tenda, e la sua malsana abitudine di mettere canzoni tamarre anni '90 nel cuore della notte, la pacifica tranquillità che la mati mi trasmette nei momenti più snervanti e la imprevedibile vena di pazzia di Tonio, detto El Barto.

Ma il viaggio continua e lo stare da solo non è certo una cosa che mi preoccupa.
Come scrisse De Andrè

«la solitudine può portare a forme straordinarie di libertà».

Vedremo. Certo da una parte nasce un po' di preoccupazione, da soli si è indifesi se si finisce in situazioni pericolose e avere qualcuno che ti copre le spalle è sempre un buon vantaggio.

Ma ci sono anche molti pregi, ad esempio adesso ho il pieno controllo del viaggio e dei miei ritmi, non che prima avessi avuto dei problemi, ma l'autonomia è sempre stata la mia compagna di viaggio preferita.


Molto bene, dove eravamo rimasti?

Ah sì, dopodiché mi dirigo all'ingresso autostradale a cercare un passaggio ancora verso Sud. Provo ad attaccare bottone ai guidatori fermi alla pompa di benzina chiedendo se stanno andando in quella direzione, ma pare proprio di no.

Alzando il pollice sulla strada ho più fortuna, e salgo su una macchina dove a bordo incontro: Anita di Valencia, Gabriella di Buenos Aires e Graham del Galles.
Tante nazioni tutte in una sola macchina!

Graham è il classico signore dai tratti english con il naso a patata ed ha anche qualcosa che assomiglia vagamente a Donald Trump, ma mi guardo bene dal dirgielo.

Essendo rimasto seduto solo nei sedili posteriori coglie al balzo l'occasione del mio arrivo e mi tempesta di domande su di me, l'università, il viaggio che faccio ("ma i tuoi genitori non sono preoccupati?" è forse la domanda che mi rivolgono tutti quelli che mi danno un passaggio in autostop da una certa età in su), senza darmi tregua.
Butto la discussione sul politico e intavolo l'argomento brexit, ma Graham questa volta mi cade sul populismo da quattro soldi e il vantaggio linguistico non mi permette di controbattere come vorrei, così lascio perdere.

Scendo a Denia, un paesino turistico sul mare che non avevo previsto, ma poco importa.



Faccio un giro nel centro e siccome è molto caldo vado anche al mare.
Stavolta la situazione sembra più tranquilla e all'orizzonte non si vedono i famigerati poliziotti con quad, quindi posiziono con nonchalance la mia tenda di fronte al mare.





Mi addormento sulla sabbia e al mio risveglio la mia schiena è molto scottata (e lo resterà per diverso tempo). 

Non sapendo dove andare mi dirigo verso i campi e ne trovo abbastanza lontano, ma vicino alla strada che mi servirà per ripartire domani.

Con qualche impiccio nel montare la tenda da solo (le abilità scout di Andre sarebbero tornate comode), la sistemo al riparo dal vento e in mezzo agli alberi.

Dormire in tenda sa soli in un posto che non si conosce e con il timore che qualcuno ti possa svegliare la notte non è proprio quello che si può chiamare riposo, ma tanto basta per passare la notte.

Tutto sommato non mi sento stanco, forse oggi è stata dura per non avere avuto qualcuno con cui parlare o scherzare, ma non vedo l'ora che sia di nuovo mattino per scoprire cosa succederà e chi incontrerò lungo la mia strada.




Giorno 13 - incontri inaspettati

«Andiamo, dico allo zaino»
Sepulveda


Per fortuna la notte non ha fatto freddo e il vento era calmo. Preparo tutto impiegando più tempo del previsto (la mia goffaggine verso l'attrezzatura da campagna, unita al rincoglionimento di chi si è appena svegliato, sono una combo micidiale), ma alla fine ripiego tutto con cura e appena uscito dal campo sono già nel punto giusto per chiedere un passaggio.

La mattina è sempre il momento migliore per fare autostop, perché sono tante le macchine che devono percorrere lunghe distanze per andare a lavoro.

Infatti incontro Alex, un ragazzo giovane che ha appena finito il suo turno di notte nell'ospedale di Denia. È entusiasta che io venga dall'Italia, così può esercitare il suo Italiano in vista del suo prossimo Erasmus a Modena.

Mi lascia nel paese vicino e  così farà anche Maria, impiegata delle poste, e Sonia, insegnante di yoga con cui parliamo dei suoi tanti viaggi in India.

A metà mattinata riesco ad arrivare a Benissa: un piccolo paese in montagna con tante vie colorate e piene di decorazioni, e decido di fare un giro prima di ripartire. 





Una volta finito devo attraversare tutto il paese a piedi per sperare di trovare qualcuno che sia diretto ad Alicante, ma nessuno sembra intenzionato a fermarsi.





Di solito (e chi avrà fatto già più di una volta autostop lo potrà confermare) si incontrano tanti "casi umani" di guidatori e alcuni hanno delle reazioni davvero esilaranti quando vedono un ragazzo in calzoncini corti col pollice alzato a bordo della carreggiata.

-in primis abbiamo i "non-vedenti", quelli che proprio non vogliono accorgersi della tua presenza e tengono gli occhi incollati alla strada andando a tutta velocità manco stessero trasportando organi umani.
-abbiamo poi i più simpatici, quelli che ti guardano e ti scambiano un saluto, abbassano il finestrino e urlano qualcosa di incomprensibile oppure suonano il clacson a mo' di orchestra. Certo, poi continuano dritto, ma almeno mi fanno sorridere, e quando si è sotto il sole da più di un'ora non è cosa da poco.
-poi ci sono quelli che io vedrei bene ad accompagnare il telegiornale per sordo-muti, che dall'oscurità dell'abitacolo cercano, nella sola frazione di secondo in cui stabilisci un contatto visivo, di comunicarti qualcosa, ma che per me resterà sempre un mistero.
-Infine ci sono i migliori, quelli con i sensi di colpa, che per sentirsi a posto con la coscienza cercano di giustificarsi. Solitamente comunicano a gesti, che secondo le mie interpretazioni stanno cercando di dirmi: «hey scusami, ma sicuramente non vado nella tua direzione. Guarda devo girare qui», ma puntualmente vanno a dritto, esattamente dove dovevo andare.

A parte gli scherzi: so benissimo che ognuno ha il diritto di non fermarsi (per timore di far salire uno sconosciuto o per fretta), non ne faccio certo una colpa a chi si trova dalla parte del volante, dato sono io che sto chiedendo un aiuto agli altri e il fatto che alcuni non vogliono accostare di certo non fa di loro degli stronzi.

Però in qualche modo devo passare il tempo quando aspetto e devo dire che a osservare la persone un po' mi diverto.

Alla fine si ferma Carolina a bordo di una piccola Smart che sta andando a Benidorm, un paese non molto distante da Alicante!
È molto interessata al mio tipo di viaggio e mi lascia il suo numero nel caso dovessi passare da Madrid, dove vive,  per offrirmi un posto dove dormire. 

Mi lascia a bordo strada e mi offre anche una cerveza ghiacciata con limone, davvero molto buona.

Appena finita la birra riesco a far fermare subito un furgoncino con dentro quattro persone che mi accolgono ancor prima che io vi metta piede.
Due di loro sono cileni, Hakro e Saskia, insieme a Riotom, una ragazza dai capelli blu e Thiorry, un vero gigante che viene da Amsterdam. Tutti sono tatoo-artist e hanno uno studio in Benidorm chiamato Patagonia. Sono davvero molto simpatici e mi fanno vedere su Instagram alcuni loro lavori, davvero molto realistici.

In macchina Thiorry mette musica rock a tutto volume e presto devo già salutarli. Mi avrebbe fatto piacere stare con loro ancora un po', ma ci scambiamo i contatti Facebook e mi lasciano il loro biglietto da visita, nel caso mi venisse in mente di farmi un tatuaggio e mi trovassi nei paraggi in futuro.

Arrivo a piedi nel centro di Alicante da fuori città e mi reco in stazione per cercare una wifi libera. Controllo i messaggi e ricevo una bella notizia: un ragazzo a cui avevo mandato una richiesta su Couchsurfing questa mattina ha accettato di ospitarmi!

Per chi non ne fosse a conoscenza Couchsurfing (letteralmente "fare surf sui divani") è un social-network che permette di mettere in contatto i viaggiatori (detti surfers) e gente del posto (i cosiddetti host) per offrire ospitalità senza niente in cambio e senza dover esser poi obbligati ad ospitare a tua volta.
È un sito molto sicuro perché tutti sono dotati di un profilo verificato, con foto e feedback che altri utenti scrivono una volta che si sono incontrati.

Grazie a questa piattaforma incontro Juan che viene a prendermi in stazione e insieme andiamo a mangiare tapas e bere birra in centro (che gentilmente mi ha offerto).
Lavora come hostess per una compagnia aerea e per questo conosce molto bene l'inglese. Mi mostra il centro di Alicante e insieme andiamo verso il castello che si trova nella zona vecchia della città. Saliamo un po' di scale per arrivare in cima a un punto panoramico dove ammirare tutta la città. Bellissimo!




È un ragazzo molto alla mano e insieme andiamo d'accordo. Dopo un po' siamo stanchi di camminare e ci dirigiamo alla sua macchina per andare verso casa. 
Lungo il tragitto ci fermiamo vicino all'aeroporto vicino a dove gli aerei di linea atterrano. Ne aspettiamo alcuni e passano proprio sopra le nostre teste.
Juan, anche per il suo lavoro, ha molta passione per l'aviazione in generale e mi dice che spesso passa di qui ad aspettare gli aerei  e vedo il suo volto riempirsi di emozione quando in lontananza si sente il rombo di un motore in avvicinamento.

Arrivati a casa chiacchieriamo tutta la sera di viaggi e tradizioni dei nostri paesi di origine e guardiamo anche qualche documentario sulle città della Spagna che mi consiglia di visitare. Dopo essersi preparato la cena alla mezzanotte (gli spagnoli non hanno orari per il cibo) mi fa assaggiare un buon formaggio di capra proveniente dal nord della spagna e concludiamo la serata bevendo un vino liquoroso con ghiaccio.


Dopo una bella doccia mi metto a dormire e per la prima volta, come mai ho fatto prima, apprezzo, di vere un morbido cuscino sotto la testa.