giovedì 28 luglio 2016

Diario di viaggio, giorni 9-14: incontri inaspettati

Giorno 9-10-11: Il ritorno alla normalità

Ci svegliamo trovando la casa deserta e sia io che Andre abbiamo ancora dei discreti postumi per la baldoria fatta la sera prima.

Facciamo una bella colazione con quello che troviamo nel frigo (uno degli elettrodomestici di cui sento più di tutti la mancanza), e ci dirigiamo verso il mare.
Apriamo il cancello del giardino e siamo direttamente sulla spiaggia, che oggi è molto affollata.

Dopo una bella nuotata ce ne andiamo a fare anche qualche tuffo nella piscina di Oscar, tanto per non farsi mancare niente e ci rilassiamo a prendere il sole, sperando di rendere meno evidente lo stacco dell'abbronzatura a muratore che si è formato in questi giorni.

Dopo un po' Oscar ricompare e sembra molto agitato. Scopriamo che Eva ha avuto qualche problema con la macchina, ma parla particolarmente veloce stavolta e non capiamo molto di più.

Si scusa con noi perché non potrà preparare la sua famosa paella di carne e ci lascia libero accesso a tutto quello che vogliamo prepararci.

Siamo entrambi dispiaciuti, soprattutto per la paella, e lo salutiamo prima di vederlo andarsene dalla porta.

A questo punto ci diamo alla pazza gioia, saccheggiando letteralmente il frigorifero e preparandoci un ricco pranzo luculliano.

Laviamo per bene tutti i nostri vestiti e nel pomeriggio siamo costretti ad andarcene per arrivare a Valencia in tempo.

Lasciamo a Oscar e Eva un bel biglietto di ringraziamento per la loro ospitalità, invitandoli a venirci a trovare a Firenze.





Ce ne andiamo dalla casa con estremo dispiacere, perché certi lussi forse non li rivedremo per un bel po', e ci avviciniamo al marciapiede per chiedere un passaggio per Valencia, che è ancora lontana e non siamo sicuri di arrivarci entro sera.

Miracolosamente si ferma un tizio del Pakistan, che è diretto a Malaga, molto più a Sud di Valencia, e accettiamo il passaggio nella sua vecchia macchina piena di cianfrusaglie.

Non sembra molto simpatico e dopo le solite presentazioni in macchina cala un silenzio imbarazzante. L'unica cosa che sembra ravvivarlo sembrano essere i commenti, con una punta velata di maschilismo, verso le "chicas" di varie nazionalità. In questo Lateief sembra essere un esperto e vuole sapere il nostro parere, ma non gli diamo troppo spago.

Dopo circa un'ora di macchina e esserci ascoltati tutto il suo cd indiano (che Andre ha puntualmente "shazzammato" per riascoltarselo) arriviamo quasi a destinazione.




Siamo solo nella periferia di Valencia, ancora abbastanza lontani dal centro e troviamo due passaggi: da Jesus (un muratore spagnolo con il suo furgoncino da lavoro) e Alex (un giovane professore universitario che sta andando in discoteca).





Alla fine riusciamo a riunirci con Matilde come stabilito, e tutti insieme aspettiamo Antonio, il suo ragazzo, che ci ha raggiunti in aerei e starà con noi qualche giorno.

Siamo tutti stanchissimi e non sappiamo dove dormire, così andiamo al parco più vicino e lì montiamo la tenda.

Con un po' di timore per la gente che vediamo passare riusciamo comunque ad addormentarci, ma poi Tonio ci racconterà che durante la notte sono passati vicino a noi diversi individui loschi.

Alle 4:30 abbiamo un colpo di scena: parte l'irrigazione del parco, e siamo costretti a smontare in fretta la tenda e a spostarci.

Come se non bastasse dei poliziotti ci passano accanto ricordandoci che "no se puede dormir aqui", e gli facciamo notare che ce ne stavamo già andando. Decidono comunque di aspettare fino a che non avessimo effettivamente ripiegato la tenda. Che simpaticoni.





Aspettiamo per un po' l'alba e poi tutti collassano, mentre io, probabilmente l'unico ad aver dormito qualche ora, me ne vado a fare un giretto per la città con le prime luci del giorno, che danno un colore unico ai palazzi e le strade.





Dopo aver visitato la ciudad de las artes y las ciencias e le sue meraviglie architettoniche, abbiamo molta fame.




Valencia qui ci offre il meglio di sé e riusciamo a recuperare molto cibo, ma soprattutto la paella! Per noi, che stiamo tutti e quattro facendo a meno dei soldi, è come il pranzo di Natale. 
Sono felicemente sorpreso perché non contavo che sarei riuscito a mangiare paella durante questo viaggio, e sarebbe stato davvero un peccato.





Andiamo a riposarci e a fare un bagno nel mare, dove puntualmente i nostri amici poliziotti si ripresentano (stavolta motorizzati e a bordo di quad) per farci smontare la tenda che usavamo solo per riparare gli zaini. 
E sabbia sia allora.




Dopo il meritato relax comincia a fare buio e cerchiamo un posto dove passare la notte. Questa volta camminiamo come non abbiamo mai fatto dall'inizio del viaggio.

Quando sono ormai le due di notte troviamo un posto sicuro (non vogliamo rifare come la sera prima) dove speriamo che nessun sbirro col quad possa disturbarci e ci addormentiamo in pace.






Per giorno seguente decidiamo non cambiare routine: cerchiamo da mangiare e poi via al mare.





La sera, in centro, ascoltiamo un concerto di musica reggae dove a cantare è uno degli innumerevoli figli di Bob Marley (Julian), ma se ci fosse stato il babbo a sentirlo probabilmente gli avrebbe detto di smetterla di farsi le canne e andare a fare qualcosa di socialmente utile.

Alla fine siamo sfiniti e, con un po' di esitazione da parte mia, decidiamo di tornare al parco dove abbiamo dormito la prima sera, stavolta su delle funi intrecciate da arrampicata, che ci tengono sospesi per aria.




Io ho un po' di esitazione ad addormentarmi, ma alla fine la stanchezza ha la meglio sulle mie paranoie.



Giorno 12: la separazione

Oggi è una giornata triste per tutti, perché Andre, Matilde e Tonio devono ritornare in Italia e io continuerò questo viaggio da solo.

Ho preferito non fare grosse cerimonie melodrammatiche per salutarci, non per cinismo, ma perché sarebbe stato troppo difficile per me proseguire se in quel momento avessi realizzato seriamente che da lì in poi non sarebbero stati al mio fianco. 

È bastato un gesto semplice: un abbraccio da buoni amici, un augurio per il viaggio e la promessa di raccontarsi tutto una volta tornati a casa.

Sicuramente mi mancheranno le sclerate con andre per farsi spazio in tenda, e la sua malsana abitudine di mettere canzoni tamarre anni '90 nel cuore della notte, la pacifica tranquillità che la mati mi trasmette nei momenti più snervanti e la imprevedibile vena di pazzia di Tonio, detto El Barto.

Ma il viaggio continua e lo stare da solo non è certo una cosa che mi preoccupa.
Come scrisse De Andrè

«la solitudine può portare a forme straordinarie di libertà».

Vedremo. Certo da una parte nasce un po' di preoccupazione, da soli si è indifesi se si finisce in situazioni pericolose e avere qualcuno che ti copre le spalle è sempre un buon vantaggio.

Ma ci sono anche molti pregi, ad esempio adesso ho il pieno controllo del viaggio e dei miei ritmi, non che prima avessi avuto dei problemi, ma l'autonomia è sempre stata la mia compagna di viaggio preferita.


Molto bene, dove eravamo rimasti?

Ah sì, dopodiché mi dirigo all'ingresso autostradale a cercare un passaggio ancora verso Sud. Provo ad attaccare bottone ai guidatori fermi alla pompa di benzina chiedendo se stanno andando in quella direzione, ma pare proprio di no.

Alzando il pollice sulla strada ho più fortuna, e salgo su una macchina dove a bordo incontro: Anita di Valencia, Gabriella di Buenos Aires e Graham del Galles.
Tante nazioni tutte in una sola macchina!

Graham è il classico signore dai tratti english con il naso a patata ed ha anche qualcosa che assomiglia vagamente a Donald Trump, ma mi guardo bene dal dirgielo.

Essendo rimasto seduto solo nei sedili posteriori coglie al balzo l'occasione del mio arrivo e mi tempesta di domande su di me, l'università, il viaggio che faccio ("ma i tuoi genitori non sono preoccupati?" è forse la domanda che mi rivolgono tutti quelli che mi danno un passaggio in autostop da una certa età in su), senza darmi tregua.
Butto la discussione sul politico e intavolo l'argomento brexit, ma Graham questa volta mi cade sul populismo da quattro soldi e il vantaggio linguistico non mi permette di controbattere come vorrei, così lascio perdere.

Scendo a Denia, un paesino turistico sul mare che non avevo previsto, ma poco importa.



Faccio un giro nel centro e siccome è molto caldo vado anche al mare.
Stavolta la situazione sembra più tranquilla e all'orizzonte non si vedono i famigerati poliziotti con quad, quindi posiziono con nonchalance la mia tenda di fronte al mare.





Mi addormento sulla sabbia e al mio risveglio la mia schiena è molto scottata (e lo resterà per diverso tempo). 

Non sapendo dove andare mi dirigo verso i campi e ne trovo abbastanza lontano, ma vicino alla strada che mi servirà per ripartire domani.

Con qualche impiccio nel montare la tenda da solo (le abilità scout di Andre sarebbero tornate comode), la sistemo al riparo dal vento e in mezzo agli alberi.

Dormire in tenda sa soli in un posto che non si conosce e con il timore che qualcuno ti possa svegliare la notte non è proprio quello che si può chiamare riposo, ma tanto basta per passare la notte.

Tutto sommato non mi sento stanco, forse oggi è stata dura per non avere avuto qualcuno con cui parlare o scherzare, ma non vedo l'ora che sia di nuovo mattino per scoprire cosa succederà e chi incontrerò lungo la mia strada.




Giorno 13 - incontri inaspettati

«Andiamo, dico allo zaino»
Sepulveda


Per fortuna la notte non ha fatto freddo e il vento era calmo. Preparo tutto impiegando più tempo del previsto (la mia goffaggine verso l'attrezzatura da campagna, unita al rincoglionimento di chi si è appena svegliato, sono una combo micidiale), ma alla fine ripiego tutto con cura e appena uscito dal campo sono già nel punto giusto per chiedere un passaggio.

La mattina è sempre il momento migliore per fare autostop, perché sono tante le macchine che devono percorrere lunghe distanze per andare a lavoro.

Infatti incontro Alex, un ragazzo giovane che ha appena finito il suo turno di notte nell'ospedale di Denia. È entusiasta che io venga dall'Italia, così può esercitare il suo Italiano in vista del suo prossimo Erasmus a Modena.

Mi lascia nel paese vicino e  così farà anche Maria, impiegata delle poste, e Sonia, insegnante di yoga con cui parliamo dei suoi tanti viaggi in India.

A metà mattinata riesco ad arrivare a Benissa: un piccolo paese in montagna con tante vie colorate e piene di decorazioni, e decido di fare un giro prima di ripartire. 





Una volta finito devo attraversare tutto il paese a piedi per sperare di trovare qualcuno che sia diretto ad Alicante, ma nessuno sembra intenzionato a fermarsi.





Di solito (e chi avrà fatto già più di una volta autostop lo potrà confermare) si incontrano tanti "casi umani" di guidatori e alcuni hanno delle reazioni davvero esilaranti quando vedono un ragazzo in calzoncini corti col pollice alzato a bordo della carreggiata.

-in primis abbiamo i "non-vedenti", quelli che proprio non vogliono accorgersi della tua presenza e tengono gli occhi incollati alla strada andando a tutta velocità manco stessero trasportando organi umani.
-abbiamo poi i più simpatici, quelli che ti guardano e ti scambiano un saluto, abbassano il finestrino e urlano qualcosa di incomprensibile oppure suonano il clacson a mo' di orchestra. Certo, poi continuano dritto, ma almeno mi fanno sorridere, e quando si è sotto il sole da più di un'ora non è cosa da poco.
-poi ci sono quelli che io vedrei bene ad accompagnare il telegiornale per sordo-muti, che dall'oscurità dell'abitacolo cercano, nella sola frazione di secondo in cui stabilisci un contatto visivo, di comunicarti qualcosa, ma che per me resterà sempre un mistero.
-Infine ci sono i migliori, quelli con i sensi di colpa, che per sentirsi a posto con la coscienza cercano di giustificarsi. Solitamente comunicano a gesti, che secondo le mie interpretazioni stanno cercando di dirmi: «hey scusami, ma sicuramente non vado nella tua direzione. Guarda devo girare qui», ma puntualmente vanno a dritto, esattamente dove dovevo andare.

A parte gli scherzi: so benissimo che ognuno ha il diritto di non fermarsi (per timore di far salire uno sconosciuto o per fretta), non ne faccio certo una colpa a chi si trova dalla parte del volante, dato sono io che sto chiedendo un aiuto agli altri e il fatto che alcuni non vogliono accostare di certo non fa di loro degli stronzi.

Però in qualche modo devo passare il tempo quando aspetto e devo dire che a osservare la persone un po' mi diverto.

Alla fine si ferma Carolina a bordo di una piccola Smart che sta andando a Benidorm, un paese non molto distante da Alicante!
È molto interessata al mio tipo di viaggio e mi lascia il suo numero nel caso dovessi passare da Madrid, dove vive,  per offrirmi un posto dove dormire. 

Mi lascia a bordo strada e mi offre anche una cerveza ghiacciata con limone, davvero molto buona.

Appena finita la birra riesco a far fermare subito un furgoncino con dentro quattro persone che mi accolgono ancor prima che io vi metta piede.
Due di loro sono cileni, Hakro e Saskia, insieme a Riotom, una ragazza dai capelli blu e Thiorry, un vero gigante che viene da Amsterdam. Tutti sono tatoo-artist e hanno uno studio in Benidorm chiamato Patagonia. Sono davvero molto simpatici e mi fanno vedere su Instagram alcuni loro lavori, davvero molto realistici.

In macchina Thiorry mette musica rock a tutto volume e presto devo già salutarli. Mi avrebbe fatto piacere stare con loro ancora un po', ma ci scambiamo i contatti Facebook e mi lasciano il loro biglietto da visita, nel caso mi venisse in mente di farmi un tatuaggio e mi trovassi nei paraggi in futuro.

Arrivo a piedi nel centro di Alicante da fuori città e mi reco in stazione per cercare una wifi libera. Controllo i messaggi e ricevo una bella notizia: un ragazzo a cui avevo mandato una richiesta su Couchsurfing questa mattina ha accettato di ospitarmi!

Per chi non ne fosse a conoscenza Couchsurfing (letteralmente "fare surf sui divani") è un social-network che permette di mettere in contatto i viaggiatori (detti surfers) e gente del posto (i cosiddetti host) per offrire ospitalità senza niente in cambio e senza dover esser poi obbligati ad ospitare a tua volta.
È un sito molto sicuro perché tutti sono dotati di un profilo verificato, con foto e feedback che altri utenti scrivono una volta che si sono incontrati.

Grazie a questa piattaforma incontro Juan che viene a prendermi in stazione e insieme andiamo a mangiare tapas e bere birra in centro (che gentilmente mi ha offerto).
Lavora come hostess per una compagnia aerea e per questo conosce molto bene l'inglese. Mi mostra il centro di Alicante e insieme andiamo verso il castello che si trova nella zona vecchia della città. Saliamo un po' di scale per arrivare in cima a un punto panoramico dove ammirare tutta la città. Bellissimo!




È un ragazzo molto alla mano e insieme andiamo d'accordo. Dopo un po' siamo stanchi di camminare e ci dirigiamo alla sua macchina per andare verso casa. 
Lungo il tragitto ci fermiamo vicino all'aeroporto vicino a dove gli aerei di linea atterrano. Ne aspettiamo alcuni e passano proprio sopra le nostre teste.
Juan, anche per il suo lavoro, ha molta passione per l'aviazione in generale e mi dice che spesso passa di qui ad aspettare gli aerei  e vedo il suo volto riempirsi di emozione quando in lontananza si sente il rombo di un motore in avvicinamento.

Arrivati a casa chiacchieriamo tutta la sera di viaggi e tradizioni dei nostri paesi di origine e guardiamo anche qualche documentario sulle città della Spagna che mi consiglia di visitare. Dopo essersi preparato la cena alla mezzanotte (gli spagnoli non hanno orari per il cibo) mi fa assaggiare un buon formaggio di capra proveniente dal nord della spagna e concludiamo la serata bevendo un vino liquoroso con ghiaccio.


Dopo una bella doccia mi metto a dormire e per la prima volta, come mai ho fatto prima, apprezzo, di vere un morbido cuscino sotto la testa.

1 commento:

  1. Ciao Guido, mi piacerebbe contattarti per proporti la partecipazione ad un podcast dedicato al viaggio alternativo. Come faccio a contattarti privatamente? Non trovo il tuo contatto da nessuna parte.

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