giovedì 28 luglio 2016

Diario di viaggio, giorni 9-14: incontri inaspettati

Giorno 9-10-11: Il ritorno alla normalità

Ci svegliamo trovando la casa deserta e sia io che Andre abbiamo ancora dei discreti postumi per la baldoria fatta la sera prima.

Facciamo una bella colazione con quello che troviamo nel frigo (uno degli elettrodomestici di cui sento più di tutti la mancanza), e ci dirigiamo verso il mare.
Apriamo il cancello del giardino e siamo direttamente sulla spiaggia, che oggi è molto affollata.

Dopo una bella nuotata ce ne andiamo a fare anche qualche tuffo nella piscina di Oscar, tanto per non farsi mancare niente e ci rilassiamo a prendere il sole, sperando di rendere meno evidente lo stacco dell'abbronzatura a muratore che si è formato in questi giorni.

Dopo un po' Oscar ricompare e sembra molto agitato. Scopriamo che Eva ha avuto qualche problema con la macchina, ma parla particolarmente veloce stavolta e non capiamo molto di più.

Si scusa con noi perché non potrà preparare la sua famosa paella di carne e ci lascia libero accesso a tutto quello che vogliamo prepararci.

Siamo entrambi dispiaciuti, soprattutto per la paella, e lo salutiamo prima di vederlo andarsene dalla porta.

A questo punto ci diamo alla pazza gioia, saccheggiando letteralmente il frigorifero e preparandoci un ricco pranzo luculliano.

Laviamo per bene tutti i nostri vestiti e nel pomeriggio siamo costretti ad andarcene per arrivare a Valencia in tempo.

Lasciamo a Oscar e Eva un bel biglietto di ringraziamento per la loro ospitalità, invitandoli a venirci a trovare a Firenze.





Ce ne andiamo dalla casa con estremo dispiacere, perché certi lussi forse non li rivedremo per un bel po', e ci avviciniamo al marciapiede per chiedere un passaggio per Valencia, che è ancora lontana e non siamo sicuri di arrivarci entro sera.

Miracolosamente si ferma un tizio del Pakistan, che è diretto a Malaga, molto più a Sud di Valencia, e accettiamo il passaggio nella sua vecchia macchina piena di cianfrusaglie.

Non sembra molto simpatico e dopo le solite presentazioni in macchina cala un silenzio imbarazzante. L'unica cosa che sembra ravvivarlo sembrano essere i commenti, con una punta velata di maschilismo, verso le "chicas" di varie nazionalità. In questo Lateief sembra essere un esperto e vuole sapere il nostro parere, ma non gli diamo troppo spago.

Dopo circa un'ora di macchina e esserci ascoltati tutto il suo cd indiano (che Andre ha puntualmente "shazzammato" per riascoltarselo) arriviamo quasi a destinazione.




Siamo solo nella periferia di Valencia, ancora abbastanza lontani dal centro e troviamo due passaggi: da Jesus (un muratore spagnolo con il suo furgoncino da lavoro) e Alex (un giovane professore universitario che sta andando in discoteca).





Alla fine riusciamo a riunirci con Matilde come stabilito, e tutti insieme aspettiamo Antonio, il suo ragazzo, che ci ha raggiunti in aerei e starà con noi qualche giorno.

Siamo tutti stanchissimi e non sappiamo dove dormire, così andiamo al parco più vicino e lì montiamo la tenda.

Con un po' di timore per la gente che vediamo passare riusciamo comunque ad addormentarci, ma poi Tonio ci racconterà che durante la notte sono passati vicino a noi diversi individui loschi.

Alle 4:30 abbiamo un colpo di scena: parte l'irrigazione del parco, e siamo costretti a smontare in fretta la tenda e a spostarci.

Come se non bastasse dei poliziotti ci passano accanto ricordandoci che "no se puede dormir aqui", e gli facciamo notare che ce ne stavamo già andando. Decidono comunque di aspettare fino a che non avessimo effettivamente ripiegato la tenda. Che simpaticoni.





Aspettiamo per un po' l'alba e poi tutti collassano, mentre io, probabilmente l'unico ad aver dormito qualche ora, me ne vado a fare un giretto per la città con le prime luci del giorno, che danno un colore unico ai palazzi e le strade.





Dopo aver visitato la ciudad de las artes y las ciencias e le sue meraviglie architettoniche, abbiamo molta fame.




Valencia qui ci offre il meglio di sé e riusciamo a recuperare molto cibo, ma soprattutto la paella! Per noi, che stiamo tutti e quattro facendo a meno dei soldi, è come il pranzo di Natale. 
Sono felicemente sorpreso perché non contavo che sarei riuscito a mangiare paella durante questo viaggio, e sarebbe stato davvero un peccato.





Andiamo a riposarci e a fare un bagno nel mare, dove puntualmente i nostri amici poliziotti si ripresentano (stavolta motorizzati e a bordo di quad) per farci smontare la tenda che usavamo solo per riparare gli zaini. 
E sabbia sia allora.




Dopo il meritato relax comincia a fare buio e cerchiamo un posto dove passare la notte. Questa volta camminiamo come non abbiamo mai fatto dall'inizio del viaggio.

Quando sono ormai le due di notte troviamo un posto sicuro (non vogliamo rifare come la sera prima) dove speriamo che nessun sbirro col quad possa disturbarci e ci addormentiamo in pace.






Per giorno seguente decidiamo non cambiare routine: cerchiamo da mangiare e poi via al mare.





La sera, in centro, ascoltiamo un concerto di musica reggae dove a cantare è uno degli innumerevoli figli di Bob Marley (Julian), ma se ci fosse stato il babbo a sentirlo probabilmente gli avrebbe detto di smetterla di farsi le canne e andare a fare qualcosa di socialmente utile.

Alla fine siamo sfiniti e, con un po' di esitazione da parte mia, decidiamo di tornare al parco dove abbiamo dormito la prima sera, stavolta su delle funi intrecciate da arrampicata, che ci tengono sospesi per aria.




Io ho un po' di esitazione ad addormentarmi, ma alla fine la stanchezza ha la meglio sulle mie paranoie.



Giorno 12: la separazione

Oggi è una giornata triste per tutti, perché Andre, Matilde e Tonio devono ritornare in Italia e io continuerò questo viaggio da solo.

Ho preferito non fare grosse cerimonie melodrammatiche per salutarci, non per cinismo, ma perché sarebbe stato troppo difficile per me proseguire se in quel momento avessi realizzato seriamente che da lì in poi non sarebbero stati al mio fianco. 

È bastato un gesto semplice: un abbraccio da buoni amici, un augurio per il viaggio e la promessa di raccontarsi tutto una volta tornati a casa.

Sicuramente mi mancheranno le sclerate con andre per farsi spazio in tenda, e la sua malsana abitudine di mettere canzoni tamarre anni '90 nel cuore della notte, la pacifica tranquillità che la mati mi trasmette nei momenti più snervanti e la imprevedibile vena di pazzia di Tonio, detto El Barto.

Ma il viaggio continua e lo stare da solo non è certo una cosa che mi preoccupa.
Come scrisse De Andrè

«la solitudine può portare a forme straordinarie di libertà».

Vedremo. Certo da una parte nasce un po' di preoccupazione, da soli si è indifesi se si finisce in situazioni pericolose e avere qualcuno che ti copre le spalle è sempre un buon vantaggio.

Ma ci sono anche molti pregi, ad esempio adesso ho il pieno controllo del viaggio e dei miei ritmi, non che prima avessi avuto dei problemi, ma l'autonomia è sempre stata la mia compagna di viaggio preferita.


Molto bene, dove eravamo rimasti?

Ah sì, dopodiché mi dirigo all'ingresso autostradale a cercare un passaggio ancora verso Sud. Provo ad attaccare bottone ai guidatori fermi alla pompa di benzina chiedendo se stanno andando in quella direzione, ma pare proprio di no.

Alzando il pollice sulla strada ho più fortuna, e salgo su una macchina dove a bordo incontro: Anita di Valencia, Gabriella di Buenos Aires e Graham del Galles.
Tante nazioni tutte in una sola macchina!

Graham è il classico signore dai tratti english con il naso a patata ed ha anche qualcosa che assomiglia vagamente a Donald Trump, ma mi guardo bene dal dirgielo.

Essendo rimasto seduto solo nei sedili posteriori coglie al balzo l'occasione del mio arrivo e mi tempesta di domande su di me, l'università, il viaggio che faccio ("ma i tuoi genitori non sono preoccupati?" è forse la domanda che mi rivolgono tutti quelli che mi danno un passaggio in autostop da una certa età in su), senza darmi tregua.
Butto la discussione sul politico e intavolo l'argomento brexit, ma Graham questa volta mi cade sul populismo da quattro soldi e il vantaggio linguistico non mi permette di controbattere come vorrei, così lascio perdere.

Scendo a Denia, un paesino turistico sul mare che non avevo previsto, ma poco importa.



Faccio un giro nel centro e siccome è molto caldo vado anche al mare.
Stavolta la situazione sembra più tranquilla e all'orizzonte non si vedono i famigerati poliziotti con quad, quindi posiziono con nonchalance la mia tenda di fronte al mare.





Mi addormento sulla sabbia e al mio risveglio la mia schiena è molto scottata (e lo resterà per diverso tempo). 

Non sapendo dove andare mi dirigo verso i campi e ne trovo abbastanza lontano, ma vicino alla strada che mi servirà per ripartire domani.

Con qualche impiccio nel montare la tenda da solo (le abilità scout di Andre sarebbero tornate comode), la sistemo al riparo dal vento e in mezzo agli alberi.

Dormire in tenda sa soli in un posto che non si conosce e con il timore che qualcuno ti possa svegliare la notte non è proprio quello che si può chiamare riposo, ma tanto basta per passare la notte.

Tutto sommato non mi sento stanco, forse oggi è stata dura per non avere avuto qualcuno con cui parlare o scherzare, ma non vedo l'ora che sia di nuovo mattino per scoprire cosa succederà e chi incontrerò lungo la mia strada.




Giorno 13 - incontri inaspettati

«Andiamo, dico allo zaino»
Sepulveda


Per fortuna la notte non ha fatto freddo e il vento era calmo. Preparo tutto impiegando più tempo del previsto (la mia goffaggine verso l'attrezzatura da campagna, unita al rincoglionimento di chi si è appena svegliato, sono una combo micidiale), ma alla fine ripiego tutto con cura e appena uscito dal campo sono già nel punto giusto per chiedere un passaggio.

La mattina è sempre il momento migliore per fare autostop, perché sono tante le macchine che devono percorrere lunghe distanze per andare a lavoro.

Infatti incontro Alex, un ragazzo giovane che ha appena finito il suo turno di notte nell'ospedale di Denia. È entusiasta che io venga dall'Italia, così può esercitare il suo Italiano in vista del suo prossimo Erasmus a Modena.

Mi lascia nel paese vicino e  così farà anche Maria, impiegata delle poste, e Sonia, insegnante di yoga con cui parliamo dei suoi tanti viaggi in India.

A metà mattinata riesco ad arrivare a Benissa: un piccolo paese in montagna con tante vie colorate e piene di decorazioni, e decido di fare un giro prima di ripartire. 





Una volta finito devo attraversare tutto il paese a piedi per sperare di trovare qualcuno che sia diretto ad Alicante, ma nessuno sembra intenzionato a fermarsi.





Di solito (e chi avrà fatto già più di una volta autostop lo potrà confermare) si incontrano tanti "casi umani" di guidatori e alcuni hanno delle reazioni davvero esilaranti quando vedono un ragazzo in calzoncini corti col pollice alzato a bordo della carreggiata.

-in primis abbiamo i "non-vedenti", quelli che proprio non vogliono accorgersi della tua presenza e tengono gli occhi incollati alla strada andando a tutta velocità manco stessero trasportando organi umani.
-abbiamo poi i più simpatici, quelli che ti guardano e ti scambiano un saluto, abbassano il finestrino e urlano qualcosa di incomprensibile oppure suonano il clacson a mo' di orchestra. Certo, poi continuano dritto, ma almeno mi fanno sorridere, e quando si è sotto il sole da più di un'ora non è cosa da poco.
-poi ci sono quelli che io vedrei bene ad accompagnare il telegiornale per sordo-muti, che dall'oscurità dell'abitacolo cercano, nella sola frazione di secondo in cui stabilisci un contatto visivo, di comunicarti qualcosa, ma che per me resterà sempre un mistero.
-Infine ci sono i migliori, quelli con i sensi di colpa, che per sentirsi a posto con la coscienza cercano di giustificarsi. Solitamente comunicano a gesti, che secondo le mie interpretazioni stanno cercando di dirmi: «hey scusami, ma sicuramente non vado nella tua direzione. Guarda devo girare qui», ma puntualmente vanno a dritto, esattamente dove dovevo andare.

A parte gli scherzi: so benissimo che ognuno ha il diritto di non fermarsi (per timore di far salire uno sconosciuto o per fretta), non ne faccio certo una colpa a chi si trova dalla parte del volante, dato sono io che sto chiedendo un aiuto agli altri e il fatto che alcuni non vogliono accostare di certo non fa di loro degli stronzi.

Però in qualche modo devo passare il tempo quando aspetto e devo dire che a osservare la persone un po' mi diverto.

Alla fine si ferma Carolina a bordo di una piccola Smart che sta andando a Benidorm, un paese non molto distante da Alicante!
È molto interessata al mio tipo di viaggio e mi lascia il suo numero nel caso dovessi passare da Madrid, dove vive,  per offrirmi un posto dove dormire. 

Mi lascia a bordo strada e mi offre anche una cerveza ghiacciata con limone, davvero molto buona.

Appena finita la birra riesco a far fermare subito un furgoncino con dentro quattro persone che mi accolgono ancor prima che io vi metta piede.
Due di loro sono cileni, Hakro e Saskia, insieme a Riotom, una ragazza dai capelli blu e Thiorry, un vero gigante che viene da Amsterdam. Tutti sono tatoo-artist e hanno uno studio in Benidorm chiamato Patagonia. Sono davvero molto simpatici e mi fanno vedere su Instagram alcuni loro lavori, davvero molto realistici.

In macchina Thiorry mette musica rock a tutto volume e presto devo già salutarli. Mi avrebbe fatto piacere stare con loro ancora un po', ma ci scambiamo i contatti Facebook e mi lasciano il loro biglietto da visita, nel caso mi venisse in mente di farmi un tatuaggio e mi trovassi nei paraggi in futuro.

Arrivo a piedi nel centro di Alicante da fuori città e mi reco in stazione per cercare una wifi libera. Controllo i messaggi e ricevo una bella notizia: un ragazzo a cui avevo mandato una richiesta su Couchsurfing questa mattina ha accettato di ospitarmi!

Per chi non ne fosse a conoscenza Couchsurfing (letteralmente "fare surf sui divani") è un social-network che permette di mettere in contatto i viaggiatori (detti surfers) e gente del posto (i cosiddetti host) per offrire ospitalità senza niente in cambio e senza dover esser poi obbligati ad ospitare a tua volta.
È un sito molto sicuro perché tutti sono dotati di un profilo verificato, con foto e feedback che altri utenti scrivono una volta che si sono incontrati.

Grazie a questa piattaforma incontro Juan che viene a prendermi in stazione e insieme andiamo a mangiare tapas e bere birra in centro (che gentilmente mi ha offerto).
Lavora come hostess per una compagnia aerea e per questo conosce molto bene l'inglese. Mi mostra il centro di Alicante e insieme andiamo verso il castello che si trova nella zona vecchia della città. Saliamo un po' di scale per arrivare in cima a un punto panoramico dove ammirare tutta la città. Bellissimo!




È un ragazzo molto alla mano e insieme andiamo d'accordo. Dopo un po' siamo stanchi di camminare e ci dirigiamo alla sua macchina per andare verso casa. 
Lungo il tragitto ci fermiamo vicino all'aeroporto vicino a dove gli aerei di linea atterrano. Ne aspettiamo alcuni e passano proprio sopra le nostre teste.
Juan, anche per il suo lavoro, ha molta passione per l'aviazione in generale e mi dice che spesso passa di qui ad aspettare gli aerei  e vedo il suo volto riempirsi di emozione quando in lontananza si sente il rombo di un motore in avvicinamento.

Arrivati a casa chiacchieriamo tutta la sera di viaggi e tradizioni dei nostri paesi di origine e guardiamo anche qualche documentario sulle città della Spagna che mi consiglia di visitare. Dopo essersi preparato la cena alla mezzanotte (gli spagnoli non hanno orari per il cibo) mi fa assaggiare un buon formaggio di capra proveniente dal nord della spagna e concludiamo la serata bevendo un vino liquoroso con ghiaccio.


Dopo una bella doccia mi metto a dormire e per la prima volta, come mai ho fatto prima, apprezzo, di vere un morbido cuscino sotto la testa.

sabato 23 luglio 2016

Diario di viaggio, giorni 4-8: rotolando verso Sud

Giorno 4-5: la vita cittadina


Ci svegliamo tutti tardi e facciamo colazione con calma, preparando il caffè e la frutta.
Oggi vogliamo fare i turisti, con la sola intenzione di visitare la città, e nel pomeriggio facciamo un giro delle Ramblas fino ad arrivare al porto, perdendosi nelle mille vie.






Lungo strada ci fermiamo ai diversi fruttivendoli e recuperiamo della frutta e verdura.
Ormai la nostra dieta sta diventando più che vegana, quasi fruttariana, e il nostro corpo comincia a dare segni di cedimento.
Stiamo cambiando la nostra dieta e dobbiamo ancora abituarci. In più comincia a fare molto caldo, e questo di certo non aiuta.


-ma dove minchia siamo?-



Facciamo molti tentativi per trovare da mangiare ma in pochi ci aiutano. Probabilmente non avere gli zaini sulle spalle rende tutto molto meno credibile, e qualcuno avrà pensato che volessimo fare i furbi, ma non ci diamo per vinti.




Con il poco che siamo riusciti a racimolare torniamo a casa. Andre tira fuori lo chef che è in lui dando il meglio di sé nel cucinare delle zucchine favolose (o almeno così ci sembravano), usando tante spezie per insaporire il più possibile.


Finiamo la giornata con la pancia che brontola un po' per la fame, ma cerchiamo di non ascoltarla.



La mattina seguente è domenica, e abbiamo molte cose ancora da vedere in città. Usciamo presto e con Matilde e Viola andiamo a vedere la Sagrada familia, casa Battlò e parc Guell, concludendo poi al museo di Picasso dove oggi possiamo entrare gratis!




Alla mostra le ragazze sono come in preda alla sindrome di Stendhal, dato che studiano tutte all'artistico, e rimangono affascinate dai dipinti di Picasso, a differenza di noi due caproni che facciamo fatica a capire il senso di molte cose.


Un momento artistico



La sera usciamo tutti insieme e ci sediamo nella piazza di fronte al museo di arte contemporanea, una bellissima zona affollata e con musica jazz in sottofondo.
Le ragazze comprano del vino rosso catalano, per salutare Barcellona, visto che domani domani ce ne andiamo tutti, e vogliamo salutare in grande stile questa città movimentata.




Giorni 6-7: rotolando verso sud


Oggi lasciamo la città per ripartire a Sud. L'idea di base sarebbe riscendere tutta la costa per poi risalire dal Portogallo, ma non vogliamo fare troppi progetti per lasciarci un certo margine di libertà per cambiare programma all'ultimo secondo.


Cuciniamo una buona pasta con verdure per tutti, controllando sul telefono la strada da prendere per fare autostop.
Allegra, che deve andare in Almeria, decide di fare un pezzo di strada insieme a noi fino a Valencia, e poco prima di lasciarci anche Matilde cambia idea e si unisce al gruppo!


Da due adesso siamo diventati quattro - sono curioso di vedere se riusciremo a farcela - anche se il gruppo comincia ad essere numeroso.


Puliamo tutto e prendiamo anche qualche provvista che potrà tornarci utile, e ci avviciniamo all'autostrada. 


Il sole sta quasi tramontando quando si ferma Fouad, un giovane ragazzo marocchino con un grande sorriso e la barba scura. Ha studiato economia a Barcellona e adesso lavora per un azienda che si occupa di elettronica.Con il suo furgoncino da lavoro ha molto spazio per noi e per i nostri zaini e saliamo insieme a lui. 

In macchina parliamo di molte cose: del nostro viaggio, del Marocco, dei pregiudizi e dell'immigrazione

È molto simpatico e aperto verso di noi, e lungo strada assistiamo a un bellissimo tramonto rosso fra il verde delle montagne catalane.

Arriviamo a Villafranca, la capitale europea del vino, cosa di cui non avevamo assolutamente idea, e facciamo un giro nel paese.

Man in baguette


Cerchiamo da mangiare e incredibilmente tutti i ristoranti e bar ci danno una mano mettendo in delle buste molte cose che ci bastano per la cena e la colazione del giorno dopo. 


Di solito ci  vogliono sempre diversi tentativi prima che qualcuno ci aiuti, ma probabilmente in un paesino di questo tipo non hanno mai visto dei ragazzi che fanno ciò che facciamo noi e accettano di buon grado di dare una mano.


Addirittura, in un bar che stava per chiudere, la figlia della proprietaria chiede di farsi una foto insieme a noi. rimaniamo meravigliati e molto contenti e ci mettiamo in posa tutti e cinque con dei grossi sorrisi inebetiti stampati sulle facce.




Villafranca è stato un paese inaspettato e molto affascinante. con la sua piccola piazza deserta e la luce tenue dei lampioni è piaciuto a tutti quanti.


Il bello di viaggiare in autostop, e soprattutto senza una destinazione prestabilita, è proprio questo: ci si abbandona alla casualità, anzi la si accoglie, e si finisce in luoghi meravigliosi di cui altrimenti non avremmo mai saputo della loro esistenza.


Ci si rende conto di come la distanza minuscola di due puntini su una mappa, sia in realtà una distesa infinita di kilometri, fatti di pianure, alberi, montagne e fiumi.
Si apprezza la brezza del vento, quando il sole sulle spalle sembra non darti tregua, e l'odore del mare quando ci sei vicino.





Adesso però dobbiamo cercare dove dormire!

Camminiamo per poco quando ci imbattiamo  in un campo immenso, attraversato da lunghe file di viti cariche di grappoli di uva.

Cerchiamo la posizione più nascosta possibile per accamparci, e finalmente ci godiamo il fresco della sera leggendo poesie di Garcìa Lorca e di Pessoa, distesi a guardare le stelle.
Che bella giornata.




#barbascura #fila14 #cartoniovunque
(Con il fondamentale contributo di Andrea Gozzi per gli #hashtag)

Ci svegliamo la mattina che il tasso di umidità nell'aria ha raggiunto livelli estremi. Cerchiamo di ripulire la nostra tenda dalla condensa che stava cominciando a formarsi.

Ci guardiamo intorno e smontiamo tutto in fretta, e presto lasciamo la vigna.
Ci imbattiamo in un mercato di paese e riceviamo un po' di frutta e verdura.

Le vie della città non ci sembrano quasi più le stesse: la piazza è come irriconoscibile vista con la luce e affollata. 

Torniamo da Fouad, che ci ha promesso, con una leggera spinta da parte mia, di portarci con lui fino Tarragona, a circa mezz'ora di macchina verso Sud.

Partiamo un po' in ritardo e sbrighiamo qualche connessione, ma alla fine prendiamo l'autostrada.

Ci facciamo lasciare a una "gasoleria", cioè un benzinaio, e lo salutiamo tutti calorosamente per l'aiuto e le belle conversazioni insieme. È stato un piacevole incontro.

Da qui la nostra fortuna ha cominciato lentamente ad esaurirsi, e si sono susseguite una serie di attese interminabili e piccoli passaggi di qualche minuto (che per snellezza di narrazione non starò ad elencare), che ci hanno condotto fino a un piccolo paesino semi deserto chiamato L'Aldea.

Ci consoliamo con una cena a base di salamini spagnoli e ciambelle fatte in casa.
Anche stasera si dorme nei campi, stavolta tra gli ulivi.
Buenas noche.



Giorno 8: il grande Gatsby


Ci svegliamo un po' malconci e stanchi dopo due giornate impegnative, e recuperiamo un po' di energie prima di ricominciare a fare autostop.

Tutte le macchine che si fermano vanno in una direzione diversa e cominciamo a spazientirci dopo tanto che aspettiamo. Andre cerca disperatamente di ottenere un passaggio dando il meglio di sé a bordo pista, ma ottiene scarsi risultati.

Alla fine con le ragazze pensiamo a una soluzione, e decidiamo che è meglio dividersi: sarà più facile per tutti trovare passaggio, e stabiliamo che Valencia sarà il punto di ritrovo.

È stata una decisone difficile da prendere, ma forse era l'unico modo per uscire da questo empasse che da troppo ci agognava.
Dopo poco le ragazze trovano subito passaggio, dalla stessa macchina che invece passando davanti a me e Andre ci aveva snobbato.

Le vediamo partire lungo la strada statale che va verso Castellò, sperando che riescano ad arrivare presto a Valencia.

Dopo poco anche noi troviamo qualcuno che si ferma: è Mohammed, un signore marocchino dalle guance paffute che, dopo essersi accertato che non avessimo con noi dell'hashish, si offre di accompagnarci alla città successiva con la sua vecchia macchina traballante.

Da qui in poi perdiamo ogni speranza di trovare passaggio e iniziamo a camminare per moltissimo. Attraversiamo il primo paese che troviamo, Amposta, dove veniamo aiutati da Mariasinta, una amabile vecchietta che ci aiuta a rimediare il pranzo e ci indica la strada accompagnandoci per un pezzo.

Probabilmente era da molto che dei viaggiatori con zaini in spalla non passavano da quel paese, perché al nostro passaggio ci sentiamo osservati da tutti.


Continuiamo a camminare e ci avviamo verso il paese successivo, con addosso gli zaini che sembrano sempre più macigni.
Sembra una vita che camminiamo, e mancano ancora 6 kilometri al primo paese, che è Sant Carlos de la Rapita.

Percorriamo una strada provinciale lunghissima, con a destra montagne alte montagne rocciose e a sinistra immensi campi di risaie (e qui la nostra fantasia dilaga verso piatti di paella fumante, ndr) e il cielo sta cominciando a rannuvolarsi, un brutto segno.




Le poche macchine che passano ci ignorano completamente e ci sorpassano a grande velocità. Abbiamo quasi rinunciato a alzare il pollice al loro passaggio, rassegnandoci a dover andare a piedi. Ma quello che succederà da qui in poi ha veramente qualcosa di incredibile.


Con un colpo di reni all'ultimo secondo, un guidatore che ci ha visto dallo specchietto retrovisore decide di fermarsi. 

Accosta la macchina lungo la carreggiata e ci aspetta in macchina.

Andre parte a corsa verso il finestrino, mentre io cerco di rimanere calmo e mi avvicino con lentezza, cercando di trattenere l'euforia del momento. 

Scopriamo di andare tutti nella stessa direzione e carichiamo gli zaini nel bagagliaio della vecchia Volkswagen.

Dall'odore e i pezzi di motore sparsi qua e là capiamo che è un meccanico, e sembra molto felice della nostra presenza.

Oscar - così si chiama- ha le mani nere per lo sporco e suda molto per il caldo che si sente nell'abitacolo, ma i finestrini sono bloccati, e decide di aprire direttamente le portiere per fare aria. Sembra un tipo interessante.

Apriamo una lunga discussione in spagnolo su di lui e sul suo lavoro. Scopriamo che non è solo un meccanico, ma è anche il campione spagnolo ed europeo di moto d'acqua, cosa di cui sembra andare molto fiero.

Viaggia molto per il suo lavoro, e ci racconta di essere stato anche in Mugello a sbrigare alcuni incarichi all'Autodromo.

Nel parlare ci chiede se avevamo un posto dove dormire, ovviamente rispondiamo di no, e con molta leggerezza ci invita a stare da lui. Cerchiamo di esprimere, con la poca conoscenza dello spagnolo a nostra disposizione, tutta la gratitudine che abbiamo per il grosso favore che ci sta facendo.

Ma le sorprese non finiscono qui: arrivati a destinazione scopriamo che la storia del campione europeo è vera, e che vive in una villetta di fronte al mare e con una piscina privata.




Con difficoltà riesco a esprimere la gioia che abbiamo provato di fronte a tale visione paradisiaca.

Siamo passati in poco tempo da essere gli ultimi dei vagabondi a passare la notte in una delle zone più esclusive della costa spagnola meridionale.
Che botta di culo.


Conosciamo la sua compagna Eva, che è felice di vederci come se ci stesse aspettando, e ci chiede la traduzione di una canzone di Fedez che le piace molto.


Parliamo tutti e quattro sulla terrazza mentre il piccolo cane Nuna ci fa le feste. 

Spieghiamo l'esperienza che stiamo facendo e si dimostrano molto interessati e attenti al nostro racconto.

Oscar ci invita a fare un bagno in piscina e ci immergiamo tutti nell'acqua fresca quando il sole sta tramontando.





Finiamo la nostra nuotata, quando Eva ci chiama per la cena. Ha preparato appositamente per noi tanti piatti diversi e abbondanti, che mangiamo con mucho gusto!

Nel frattempo Oscar continua a stappare bottiglie di vino fruttato che ci serve in calici di cristallo con ghiaccio.

Né io né Andre ci saremmo mai immaginati di ritrovarci qui - ci eravamo svegliati in mezzo a un campo di ulivi! - e più volte ci fermiamo ad riflettere sulla fortuna di aver incontrato il nostro salvatore.

Alla terza bottiglia di vino che apriamo cominciamo tutti a diventare un po' "borracios", e intraprendiamo lunghe conversazioni sull'indipendenza della Catalogna e i viaggi di Oscar in tutto il mondo.

Principalmente è Oscar a parlare, e anche se un po' logorroico è un vero piacere ascoltarlo.
È una persona molto carismatica, e ci incanta con la sua parlantina (probabilmente i fiumi di vino hanno aiutato).

Dopo un po' comincio a fare molta fatica a seguirlo e la mia mente divaga da altre parti, mentre Oscar sembra divertirsi molto. Andre invece sembra seguire con attenzione, ma sospetto che anche lui non ci stia capendo un'acca.

Concludiamo la cena con del gin tonic tanto per gradire, e andiamo a fare una passeggiata al chiaro di luna, dato che stanotte è quasi piena e molto luminosa.
Dopo aver sparecchiato andiamo tutti a letto super felici a fare una bella e meritata dormita.

lunedì 18 luglio 2016

La grande partenza - diario di viaggio, giorno 1-3


«A mi chi domanda la ragione dei miei viaggi, solitamente rispondo che so bene quel che fuggo, ma non quello che cerco»
Miguel de Montaigne


Diario di bordo, giorno 1 - la grande partenza


Finalmente siamo in partenza. Gli zaini sono carichi di tutto quello che potrà servirci lungo il viaggio, ma senza esagerare.
 Dopo una serata di festeggiamenti e saluti abbiamo dormito poche ore, ma non importa. Cecco e la marti ci accompagnano in macchina fino a Firenze di fronte al piazzale Michelangelo, dove ci incontreremo con una coppia di ragazzi francesi che ci accompagneranno fino a Nizza. Qualche problema lungo strada ma riusciamo ad arrivare in tempo e incontriamo Jéróme e Margherite, insieme ad un altro ragazzo di Toulouse, di cui non ricordiamo il nome e che per semplificare chiameremo Baldassarre.
Partiamo!
Baldassarre è il primo a crollare nel sonno, e siccome Margerite non è da meno ci addormentiamo anche noi, dato che fare conversazione con Jerome era praticamente impossibile visto che non capiva niente di inglese.
Il viaggio anche se lungo è stato abbastanza piacevole, e veniamo abbandonati all'aeroporto di Nizza sul tardo pomeriggio. Dopo esserci orientati un po', ci mettiamo in strada con il pollice alzato e dopo qualche tentativo si ferma la prima macchina!
Il guidatore è un ragazzo simpatico di nome Benjamen che ci accompagna fino a Cagnes sur mer dove abita, senza aver prima espresso più volte il suo stupore verso il nostro tipo di avventura, e sottolineato con convinzione che noi fossimo due pazzi.
Adieu Benjamen!

Arriviamo a piedi nel centro di Cagnes sur mer e la fame comincia a farsi sentire, perciò iniziamo la prova più dura: cercare da mangiare!
Dopo i primi tentativi andati a vuoto cominciamo ad acquisire maggiore maggiore dimestichezza con il nostro francese, e ci vengono finalmente offerte due baguette di fine giornata, probabilmente le più buone che avessimo mai mangiato.

Questo primo risultato ci dà la carica e proviamo ancora a cercare da mangiare. Entriamo così in una pizzeria italiana e con il nostro stupore il proprietario-pizzaiolo ci invita a sederci a un tavolo.
Dopo poco ci vengono portate due pizze fumanti che divoriamo. Ringraziamo così Stefano (il pizzaiolo) per la sua generosità e sazi cerchiamo la strada.
Lungo strada troviamo un fruttivendolo indiano che parla l'italiano perché ha vissuto per un po` a Orvieto, dopo qualche presentazione gli restiamo simpatici e così prendiamo qualche pera che sta a per buttare via perché ammaccate, saranno la nostra colazione di domani. Lo salutiamo e ci incamminiamo verso il mare dove Benjamen oggi ha detto ci sarebbero stati i fuochi d'artificio.

Ammiriamo lo spettacolo pirotecnico sulla spiaggia di Cagnes sur mer insieme a tante altre persone. Il golfo, che da Nizza arriva ad Antibes, è illuminato dai lampioni e dalle luci che si riflettono sull'acqua, e tutti passeggiano con serenità (ignari di cosa sarebbe successo la sera seguente proprio su queste spiagge...).

Finiti i fuochi cerchiamo un posto dove accamparci per la notte, e troviamo su google maps una area verde non molto lontano da noi. A fatica e con gli zaini che sembrano dei macigni sulle nostre spalle, arriviamo in un posto che sembra poter andare, e piantiamo la nostra tenda.
Finalmente ci distendiamo al suolo, soddisfatti e felici.

Non male come primo giorno.


Diario di bordo, giorno 2 - una giornata impegnativa

Ci svegliamo alle 5 del mattino per assicurarci che nessuno abbia individuato la posizione della nostra tenda, ma è molto presto e dormiamo  ancora un po'.

Dopo averla smontata e fatto colazione con le pere prese la sera prima da un fruttivendolo ci rimettiamo sulla strada.
Un po' di esitazione per capire dove andare e finalmente si ferma Selim, un ragazzo tunisino che era diretto al lavoro. Saliamo sulla sua piccola macchina cigolante e con un narghilè enorme nei sedili posteriori. Dopo qualche kilometro scendiamo vicino a Villaneuve - coubet.

Proseguiamo a piedi sotto il sole, lungo il mare della Costa Azzurra e arriviamo ad Antibes, la punta del golfo. A fermarsi questa volta è Albert, un arzillo e gioviale signore appassionato di tennis e del Roland Garros che ci lascia proprio all'uscita dell'autostrada vicino a Cannes!
Proviamo a fare autostop poco prima del casello autostradale ma la polizia ci vede e ci intima di allontanarci.
Troviamo un altro posto, ma non è un buon punto per fare autostop e aspettiamo per più di due ore senza che nessuno si fermi.
Stremati e affamati, decidiamo di spostarci da lì e cercare un altro posto. Camminiamo molto e con un po' di fortuna incontriamo Delphine, una viaggiatrice esperta che ci racconta dei suo fantastici viaggi e ci dà anche qualche consiglio. Ci lascia a una stazione di servizio e la ringraziamo di cuore, perché per noi ha allungato tantissimo il percorso che avrebbe dovuto fare.
Non abbiamo nemmeno il tempo di ambientarci quando un ragazzo, che aveva notato il nostro cartello con scritto "Montpellier", ci chiede se è lì che dobbiamo andare e saliamo con lui in macchina!
Siamo veramente contenti perché avevamo perso ogni speranza di arrivare così lontano per oggi, ma dopo una mattinata difficile finalmente la fortuna è girata a nostro favore!
Il nostro salvatore si chiama Augustin, ingegnere informatico di ritorno a casa; anche lui ha viaggiato tanti paesi in autostop e per  questo ha capito subito che avevamo bisogno di aiuto. Parla bene in inglese, e in macchina facciamo lunghe conversazioni sull'Italia, la Francia e i nostri viaggi.
Dopo qualche ora arriviamo finalmente a Montpellier, e ci invita a restare da lui per la notte. Noi siamo contentissimi di non dover passare la notte in tenda e accettiamo accettiamo molto volentieri!
Arriviamo a Montferrier, un piccolo paesino  accogliente e nella sua bella casa conosciamo i suoi genitori, i suoi due fratelli e sua sorella, tutti molto simpatici e gentili nei nostri confronti.

 Che fortuna aver incontrato Augustin!
Dopo una doccia rigenerante, mangiamo tutti insieme la pizza e beviamo un buon vino francese nella terrazza di casa mentre il sole sta tramontando.
La sera usciamo con Augustin e sua sorella Blondine a vedere i fuochi d'artificio, infatti il 14 luglio è festa nazionale in Francia, una ricorrenza molto sentita da tutti quanti, e nel paese di Monteferrier suona la banda e i bambini accendono delle lanterne colorate; un'atmosfera très belle!



Passiamo una piacevole serata tutti insieme, ma appena saliti in macchina arriva una brutta notizia: a Nizza c'è stato un attentato terroristico.
Capiamo poco di quello che è successo ma sappiamo solo che ci sono stati tanti morti.
Siamo tutti piuttosto sconvolti dalla notizia, soprattutto per il fatto che ieri eravamo proprio a Nizza, e avremmo potuto anche noi essere in quella spiaggia, se non avessimo deciso di partire un giorno di anticipo.
Meglio non pensarci, ma ci è mancato davvero poco.

Insieme torniamo a casa e prima di metterci a letto rispondiamo agli amici e familiari per assicurare che tutto sia a posto e che siamo al sicuro.
Alla fine crolliamo nel sonno, perché dopo una giornata del genere siamo stanchissimi.
Bonne nuit!

Diario di bordo, giorno 3 - Ginooo, vo in Spagna!

Un attimo di panico al momento del risveglio nel ricordare dove fossimo esattamente: ancora dobbiamo farci l'abitudine.
Ci alziamo presto dal salotto di Augustin per andare a fare colazione, questa volta è il nostro momento: tiriamo fuori la moka e il barattolo per preparare un buon caffè italiano!

Facciamo vedere come si fa a prepararlo, e dopo qualche minuto il suo profumo invade tutta la casa.
Adesso siamo carichi e pimpanti per ripartire!
Augustin ci porta a un benzinaio poco distante dall'ingresso dell'autostrada A9 che collega direttamente la Francia con la Spagna, e scendiamo tutti di macchina per salutarci con un abbraccio e un augurio.
Dopo qualche tentativo incontriamo Sandrine, che per un lutto familiare deve andare a Carcasson. Anche se non è la nostra destinazione  chiediamo di salire comunque e farci lasciare lungo strada a Narbonne.
Sandrine non è molto di buon umore, ma parlare del suo lavoro di educatrice sportiva con bambini autistici e ascoltare musica reggae francese riesce a rilassarla e a farla sorridere. Ci dice che è la sua prima volta che porta in macchina due autostoppisti, e anche lei è felice di averci conosciuti.

Scendiamo alla stazione di servizio di Narbonne e questa volta è Vanessa ad aiutarci.
-Ormai stiamo imparando a chi chiedere autostop oppure no. Evitiamo le macchine già visibilmente piene, e anche vecchi signori a bordo di macchine lussuose,  che ci guardano con aria di disprezzo non appena ci avviciniamo. Quante macchine quasi vuote che se ne vanno per la loro strada! Un vero spreco.-
Vanessa invece non conosce tanto l'inglese, ma la sua musica tamarra a tutto volume basta e avanza per rimpiazzare il tempo di fare conversazione. Dopo un po' che viaggiamo, veniamo lasciati a un'altra stazione di servizio in un punto indefinito dell' autostrada.
Dopo tanti piccoli passaggi, finalmente un colpo di fortuna: un gruppo di francesi stanno andando verso Valencia e possono portarci con loro fino a Barcellona! Non esitiamo un attimo a mettere dentro gli zaini, e siamo pronti per partire. Cecile è un bella donna di Montpellier alla guida di un suv nero, e insieme a lei ci sono Bernice e Pierre, due ragazzi di 18 e 17 anni molto simpatici e alla mano.
Dopo circa un'ora di viaggio ci troviamo nel bel mezzo di una coda infinita, perché la frontiera francese è bloccata dalla polizia a causa dell'attentato del giorno precedente a Nizza, e sembra non voler far passare nessuno. Prendiamo una strada secondaria e dopo circa tre ore ci siamo! Riusciamo a passare la frontiera e ad entrare in Spagna: au revoir France!

Ancora non riusciamo a crederci di avercela fatta, e di essere arrivati in Spagna dopo solo due giorni!
La strada adesso è finalmente libera e dopo un paio d'ore arriviamo vicino a Barcellona. Questa volta la stazione di servizio non è ottimale, perché nella nostra direzione non si può arrivare a Barcellona direttamente. Passiamo molto tempo sotto il sole, e stiamo quasi per arrenderci e attraversare i 20 km che ci separano dalla città a piedi attraverso i campi. Alla fine conosciamo Raul, un ragazzone spagnolo diretto a Sabadell, il paese più vicino. Accettiamo il passaggio sperando di trovare un punto migliore per arrivare a Barcellona.
Ci lascia alla stazione e, come un fulmine, Raul compra due biglietti diretti per Barcellona. Increduli e meravigliati lo ringraziamo calorosamente del suo bel gesto inaspettato, e ci salutiamo con un abbraccio. Muchas gracias Raul!

Dopo circa una mezz'ora scendiamo dal treno alla fermata Plaça de Catalunya e facciamo un giro in cerca da mangiare. Sono circa le 18 e ancora è troppo presto per andare nei ristoranti, così cerchiamo dei fruttivendoli. Ne troviamo un sacco e un paio riempiono le nostre buste di frutta e verdura: banane,zucchine, peperoni, pere, pesche, arance, albicocche e manghi. Una bella spesa a costo zero!
Ci mettiamo a mangiare mentre aspettiamo le nostre amiche: Allegra, Matilde e Viola, che sono da qualche giorno in città, e gentilmente ci ospitano nella stanza in centro che hanno preso. Finalmente possiamo lasciare in nostri zaini e fare un giro della città.

Le strade sono tutte affollate di gente che corre, pattina e va in skate, e i vicoli di Barcellona sono come dei labirinti attraversati da flussi continui di persone che vanno in ogni direzione.
Le ragazze sembrano sapere come muoversi per le strade e insieme a loro percorriamo con calma i le vie della città, fermandoci ad osservare gli skaters che hanno occupato una piazza e fanno acrobazie, ma che spesso picchiano delle belle ginocchiate.
Facciamo un po' di fatica a parlare spagnolo, soprattutto per il brusco passaggio dal francese, ma cerchiamo di imparare e mimetizzarci.

Passiamo una bella serata a ridere e scherzare e sul tardi  torniamo a casa ad ascoltare un po' di musica sulla terrazza che si affaccia su Ronda de Sant'Antoni.
Alla fine ci mettiamo a dormire dentro i nostri sacchi a pelo, felici di essere arrivati fin qui dopo un lungo viaggio.

sabato 16 luglio 2016

Viaggiare senza soldi: ma si può?



Quest'anno ho deciso di intraprendere un'esperienza diversa dal solito, dalle noiose passeggiate sulla riviera romagnola e le notti nelle discoteche di Riccione.
Questa estate cercherò di viaggiare attraverso la Spagna completamente senza soldi.
Zero euro per mangiare, dormire e spostarsi, facendo affidamento solo su se stessi e l'aiuto che le persone sapranno offrirci lungo la strada.
Uno stile di viaggio che per molti sembrerà estremo, o eccessivo, ma che in Francia e Germania alcuni giovani da tempo praticano molto frequentemente.
Sono venuto a conoscenza di questo modo di viaggiare grazie a Thibaud e Iris, due ragazzi francesi di 20 e 19 anni che a metà maggio sono partiti senza un soldo e arrivati in Italia, hanno poi risalito la Francia, Spagna e, da quello che so, adesso dovrebbero essere in Portogallo.
Ho seguito il loro bellissimo blog "Jusq'au on ira sans argent", dove raccontano la loro esperienza e a chi si sono ispirati.
Con qualche ricerca sono venuto a conoscenza dell'interessante e sconosciuto mondo dei Moneyless, un ristretto gruppo di persone che hanno deciso di adottare uno stile di vita che non prevede l'utilizzo di denaro, solo la solidarietà fra persone come unica moneta di scambio.
Sono tante le storie di uomini e donne che hanno stravolto la loro vita in questo modo, così mi sono chiesto: perché non provarci?
Viaggiare senza soldi comporta molti sacrifici: si mangia quello che ci viene offerto, o quello che si riesce a recuperare andando nei supermercati, fruttivendoli e ristoranti, prendendo il cibo che per vari motivi viene gettato via. Si dorme in tenta, facendo free-camping, facendo Couchsurfing o in situazioni di fortuna. E ovviamente ci si sposta in autostop.
In un mondo che si evolve sempre di più verso una dimensione interattiva le opportunità che si hanno sono tantissime, basta aprire gli occhi attorno a noi e non partire come sprovveduti.
Ma non ho deciso di intraprende questo viaggio perché sono un sadico votato al martirio. Sono rimasto molto colpito delle storie di chi ha raccontato la propria esperienza senza soldi, di come questo abbia cambiato la loro visione del viaggio e non solo, avendo un impatto zero sull'ambiente, liberandosi dalle preoccupazioni e vivendo unicamente alla giornata: sei solo tu e la strada, cosa farai domani non ha importanza, non importa dove dormirai, l'importante è viaggiare.
Non sono sicuro di essere pronto per un'esperienza di questo tipo, ma probabilmente l'aver superato l'ostacolo mentale della paura, che ti impedisce di partire, è già abbastanza. Non credo che esista una preparazione per viaggi di questo tipo.
Si deve accogliere l'incertezza, che forse è l'unica cosa certa, e lasciarsi andare al caso senza fare troppi programmi a lungo termine. Si tratta di «prenderla come viene» e non preoccuparsi troppo, ma questo non significa essere imprudenti.
Per fortuna in questa avventura non sarò solo, ma mi accompagnerà Andrea, l'unica persona abbastanza pazza da seguirmi, con cui ho già condiviso molte esperienze, e questo mi tranquillizza.
Ispirandoci a Iris e Thibaud, che donano semi di girasole alle persone che gli aiutano nel loro viaggio, abbiamo pensato a qualcosa di simbolico da poter portare con noi e abbiamo pensato ad una moka ( e ovviamente un barattolo di caffè) per offrirlo a tutti coloro che ci daranno un aiuto. Ci è sembrata una buona idea, anche se un po' nazional-popolare, portare qualcosa di nostro da poter condividere con gli altri.
Preparato il necessario siamo quindi pronti per partire in questa avventura che, ne siamo certi, ci cambierà moltissimo.
Qualcuno ha detto che «la vita comincia dove finisce la tua zona di comfort», che la vita abbia inizio allora!